Giovedì 27 Novembre, alle ore 21, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, lo Spazio Donne della Cascina Roccafranca ha proposto la proiezione del documentario Rai “C’era una volta. Vi ho tanto amato”, squarci sulla realtà del turismo sessuale in Indocina, le reti pedofile, il mercato della pedopornografia e pornografia estrema.
Voce narrante del filmato è stata Mae, un giovane prostituta thailandese morente perché sieropositiva. Costretta ad aiutare economicamente la propria famiglia, appena tredicenne Mae viene avviata alla prostituzione nell’area di Pattaya, una vera e propria città del sesso.
Circa trecentocinquantamila ragazzine vengono esposte in vendita sui marciapiedi per compiacere le perversioni sessuali di turisti occidentali che, ogni anno, sfiorano quasi i dieci milioni. Uomini che, per comprare la verginità di una bambina, sono disposti a sborsare cifre esorbitanti . . .
La voce flebile di Mae racconta che spesso, per incrementare gli introiti derivanti dalla prostituzione minorile, i protettori portano le proprie baby prostitute da dei chirurghi compiacenti affinché le ricostruiscano l’imene e la ragazza possa così nuovamente essere proposta come illibata.
Pattaya pullula di bambine che, strette in minigonne vertiginose e pesantemente truccate, sorridono. Già perché il sorriso, tirato e forzato poiché cela orrori indicibili, è l’esca per attirare i turisti e mantenere perennemente florido il mercato della prostituzione.
Rispetto alle europee, più emancipate e quindi piene di pretese, i clienti trovano più allettante la totale accondiscendenza ai desideri maschili delle baby prostitute asiatiche. Ancor più desolante è il fatto che questi uomini parlino d’amore, mentre ciò che di loro piace sono esclusivamente i soldi . . . Proprio perché ricchi e disposti a spendere tanto denaro, i clienti del mercato del sesso asiatico si sentono legittimati a chiedere qualunque cosa.
Le baby prostitute sono completamente reificate, cioè ridotte a meri oggetti di piacere sessuale. Corpo femminile ancora acerbo che, nella maggior parte dei casi, è teatro di orrori inimmaginabili.
A ventidue/ventitré anni, considerate vecchie e non più redditizie, le ragazze vengono cacciate via dai bordelli e dalle case d’appuntamento. Malgrado la tenera età, i loro corpi recano tracce indelebili di stupri, pratiche sadomasochistiche, violenze carnali e aborti . . .
La maggior parte di loro muore poco dopo poiché malata di Aids per l’alto numero di rapporti sessuali non protetti avuti con i clienti occidentali. La Thailandia è il paese con più alto numero di morti da Hiv tra i giovani.
L’orrore non finisce qui. L’Indocina è meta ambita anche per i pedofili che, malgrado il giro di vite recentemente entrato in vigore, riescono a muoversi e a procacciarsi le giovanissime vittime con estrema facilità. In Thailandia, di notte, è possibile acquistare sulle bancarelle dei mercatini dvd o film a luci rosse aventi come protagonisti anche bambini e bambine di otto o nove anni. Più il protagonista è piccolo, più aumenta il costo del filmato.
Nel Sud Est Asiatico ogni anno spariscono nel nulla centinaia di bambini. Finalmente ora si è scoperto per quale motivo: vengono rapiti e coinvolti nei cosiddetti snuff movies. Lo snuff movie (dall’inglese “spegnere lentamente”) è un genere cinematografico della pedopornografia estrema in cui il protagonista sul set, dopo essere stato seviziato e torturato con pratiche sessuali abominevoli, viene ucciso. Ciò che piace, ai fruitori del genere, è proprio la morte del protagonista come culmine dell’orgasmo.
A far accapponare la pelle è il fatto che ad essere arruolati per queste abiezioni sono bambini inermi ed inconsapevoli che, per soddisfare le frustrazioni di uomini sessualmente repressi, vengono offerti a loro come vittime sacrificali. A volte sono proprio i registi europei o statunitensi a recarsi nei bordelli e a selezionare, previo ingente esborso di denaro, i ragazzini o le ragazzine protagonisti di tali film. Ovviamente il protettore viene informato che, una volta acquistato, il bambino o la bambina non tornerà mai più indietro.
Spesso le famiglie locali, stremate dalla povertà e con parecchie bocche da sfamare, decidono di vendere ai trafficanti di carne umana i propri figli con la speranza di ricavare da ciò guadagni facili e mantenere così la restante parte della prole. Fiumi di minorenni cambogiani o vietnamiti giungono in Thailandia per vendere il proprio corpo e assicurare così un futuro ai propri fratelli o sorelle più piccoli.
A rivelare la macabra realtà del turismo sessuale e della pedopornografia nel Sud Est Asiatico sono stati i volontari dell’ECPAT – End Child Prostitution in Asian Tourism. Ecpat, denunciando quando tacitamente avviene in Indocina sulla pelle dei più indifesi, aspira ad un mondo in cui i bambini possano crescere liberi dallo sfruttamento sessuale secondo quanto previsto nella Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e nelle risoluzioni votate dai congressi mondiali tenutisi a Stoccolma, Yokohama e Rio de Janeiro.
“C’era una volta. Vi ho tanto amato” è dedicato alla memoria di Mae e a quella di tutte le baby prostitute indocinesi. Vite bruciate sul nascere da mozziconi di sigarette fumati sulle loro pelli ambrate da uomini che, in Occidente, avrebbero potuto essere i loro padri, zii o nonni . . .
Ho scelto d’intitolare questo pezzo con una frase tratta dal Talmud, da me udita in un film intitolato “Un’estranea fra noi”. Perché se un Dio lassù veramente esiste non può essere rimasto impassibile alle lacrime di queste bambine.
Al pianto di una ragazzina dagli occhi mandorla, nel chiuso di una afosa camera d’albergo di qualche sobborgo di Bangkok, dove ha illuso il sessantenne tedesco di averla, forse sì, nel corpo posseduta completamente. Mentre la propria anima, limpida come le acque incantate del Mekong, è inafferrabile perché vola troppo in alto.
Lorenzo Beatrice
lorenzob@vicini.to.it
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