Quando si usano strumenti vecchi per regolare avvenimenti nuovi vengono fuori titoli sbagliati. Mi riferisco a “Home restaurant, fiocca la prima multa per gli “Uber del cibo” di Repubblica Torino. La struttura giuridica italiana è sovrabbondante di Leggi usate in modo selettivo a seconda di chi è l’imputato. E come diceva un vecchio avvocato “La Legge è uguale per tutti … coloro che possono pagarsi un ottimo avvocato”.
Home restaurant è una definizione che comprende molti tipi di attività: da quella commerciale, ma fatta in casa, a quella che sta sotto la definizione della “cena tra amici” alla quale si partecipa non a fronte di un costo, ma di un rimborso spese allo schef.
In questo secondo caso è Sharing Economy.
Nel primo caso ci devono essere tutte le “regole applicate”, nel secondo tali regole non ci sono e i commensali sanno che non ci sono.
Se si applicano le regole della ristorazione commerciale anche ai secondi casi si dovrebbe, “a rigore”, applicarle a tuti quei casi di cene nelle Parocchie, nei dopolavoro( o circoli) senza ristorante e molti altri.
Certo una regolamentazione va fatta, ma contemplando una nuova forma di condivisione dei costi che è “fuori mercato”, cioè quel mercato che a causa della crisi dei redditi non fa più andare nei Ristoranti perchè diventati cari.
Inoltre l’aspetto di relazione sociale è spesso del tutto trascurato per i detrattori di questa nuova forma di economia che salta le corporazioni economiche (piccole o gradi che siano) ed è la voglia di conoscere altra gente come una volta era possibile nelle “piole”.
franco
direttore@vicini.to.it
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