Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

La Mia Vita con John F. Donovan, di Xavier Dolan

“Non l’amore, non i soldi, non la fede, non la fama, non la giustizia, datemi la verità!”: la citazione del filosofo statunitense Thoreau in esergo al film, introduce al tema delle ipocrisie dietro cui si cela la costruzione dell’ immagine di sé da parte dei personaggi dello star system, quando assurgono al ruolo di celebrità, allo scopo di consentire a chi li mitizza di proiettare in loro se stessi, coltivando il sogno dell’ identificazione e della propria possibilità di riscatto.
Esemplifica perfettamente tale fenomeno  La Mia Vita con John F. Donovan, diretto da Xavier Dolan, l’enfant prodige del cinema canadese: nato nel 1989, il giovane e pluripremiato regista è anche abile sceneggiatore, attore, montatore, produttore, costumista, scenografo e doppiatore.
Protagonista della vicenda è Rupert, un ragazzo che stravede per la madre, la recitazione e John Donovan, trentenne attore di successo. Ma la vita di quest’ultimo ha luci e pesanti ombre: infatti l’uomo lenisce con alcool e psicofarmaci il tormento di non avere realizzato le aspettative familiari, così come quelle del suo pubblico, al quale si presenta con moglie d’ordinanza, per tenere segrete le proprie inclinazioni omosessuali. Rupert avvia un carteggio con Donovan, che gli apre il proprio cuore, attraverso confidenze che risarciscono il ragazzino degli atti di bullismo di cui è fatto oggetto nella scuola di impronta sessista che frequenta e che gli daranno la forza di perseguire i propri obiettivi artistici.

Nel suo primo film americano Dolan parla ancora una volta di sé, dell’assenza del padre, del rapporto sofferto con la madre, con la propria sessualità e con il divismo, in riferimento a quella lettera che da fan adorante aveva inviato a Leonardo Di Caprio. Ma se quest’ultimo non gli ha mai risposto, qui Dolan regala al protagonista un’intensa corrispondenza con proprio idolo e la possibilità del reciproco rispecchiamento: Rupert è per Donovan il figlio che non avrà mai; il ragazzo trova nell’attore oltre che il proprio mentore, una figura paterna, anche se sostanzialmente priva di coraggio e imperfetta come quella del genitore dimentico di lui.

Il film ha ricevuto critiche impietose: di essere barocco, verboso, di aver patito una gestazione troppo lunga e travagliata. Al di là di qualche manierismo, in specie nel duello tra Rupert adulto e la giornalista impegnata, che sminuisce i rovelli mentali oziosi tipici di chi vive nel mondo ricco ed evoluto, salvo alla fine riconoscerne la dignità e venirne catturata, o il clichè dei dialoghi urlati madre-figlio, il regista padroneggia sicuro la macchina da presa e il cast stellare (dal giovane protagonista Jacob Tremblay, a Kit Harington, Natalie Portman, Susan Sarandon, Kathy Bates), cui impone primissimi piani e inquadrature ravvicinate di grande efficacia. Visivamente potente, il film associa brani musicali pop d’impatto, rivelando un’energia e una partecipazione che arrivano al cuore dello spettatore.

Voto: 8/10

Con: Kit Harington, Natalie Portman, Jacob Tremblay, Susan Sarandon, Kathy Bates.
In questi giorni in diverse sale torinesi

Anna Scotton

annas@vicini.to.it

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