Scuole chiuse fino a giovedì. Ah già è Carnevale. No, fino a sabato. Meglio, più tempo per i compiti. No, fino a martedì, fino all’8 marzo, fino al 5 aprile. Mamma mia.
“Domani viene da voi. Ci vediamo alle 8” dice il figlio. “Stasera dorme da voi” dice la figlia. Il mattino passa così: zainetti scuola, zainetti piscina, (mettilo lì, non lì, là), giacche. La camera che difendo gelosamente dalla donna delle pulizie diventa un accampamento. Dovunque io vada, quello grande mi segue a un passo di distanza e mi racconta delle verifiche che deve ancora fare a scuola, la gita scolastica che salta. Mi sporge il suo smartphone per mostrarmi scandalizzato tutte quelle partite di serie A da riprogrammare: si vede chiaramente che è una follia. Si vedrebbe chiaramente se avessi gli occhiali. Non li prendo.
L’altro piccolo a sua volta segue quello grande allungando il collo perché tutto ciò che compare sul display dello smartphone è di suo imprescindibile interesse. Così io cammino e gli altri due dietro, se svolto di colpo per entrare in cucina loro si accatastano uno contro l’altro come Tom e Jerry.
Il grande è in un periodo di ansia decisionale ed affermazione personale. Decide di fare importanti modifiche alla sua cameretta (buona idea peraltro, è una cameretta studiata a suo tempo per un bambino) e deve comprare un tappeto. Dove si fa portare? All’Ikea. Ma come: milioni di donne, casalinghe, promesse spose, mamme di promesse spose, suocere pronte a controbattere alla morte le scelte delle mamme delle spose, costringono i mariti a passare le domeniche all’Ikea.
Noi invece portiamo il nipote. Si è fatto consigliare dal padre, un’autorità in tema di acquisti on line, insieme al quale aveva consultato il sito. Guarda le soluzioni d’arredo, valuta. Si ferma davanti ai tappeti: soppesa, strofina per capire la differenza fra rasato e pelo lungo/pelo corto, telefona al padre per un rapido consulto (“ma perché telefoni a tuo padre e non a tua madre? Non pensa lei agli arredi?” “No mia madre si occupa di shopping”. Povera mamma sempre nel mirino). Usciamo con tappeto a pelo corto, colore grigio per intonarlo alla camera da letto blu, una sveglietta, un cactus. Giornata molto ben spesa, piena soddisfazione.
Il piccolo dà più problemi. Quelli che ci causa la maestra inviando i compiti a casa. Arrivano sullo smartphone della mamma sotto forma di foto da acquisire e stampare. Con pochi passaggi e meno di mezz’ora si riescono a stampare 3 schede. “Nonno mi aiuti?” “Oddio”. Solidi geometrici: lunghezza, larghezza, altezza.
“Qual è la lunghezza?” Un parallelepipedo rettangolo: la lunghezza è il lato lungo, l’altezza è l’altro lato. O è la larghezza? E in una piramide, esiste la lunghezza? Io vedo solo l’altezza. Un cubo è più facile: basta rovesciarlo dalla parte che ti viene meglio. “Fai cosi: questa è la larghezza, questa l’altezza. Se è sbagliato la maestra te lo corregge”. E dai, sono 50 anni che arrediamo casa: basi, pensili, lavatrici, divani. E la profondità? Lasciamo perdere, non glielo diciamo al povero bambino e neppure alla maestra.
Maestra, ma non può mandare una bella scheda di Storia dell’arte con un commento di Sgarbi che sbraita “capra capra capra”? Una lezione di scienze con immagini in cui compaiono parassiti stomachevoli e ragni delle paludi velenosissimi? Per movimentare un po’ la didattica.
Gianpaolo Nardi
gianpaolon@vicini.to.it
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