Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Il talento di Mr. Larrain

Il riconoscimento  Stella della Mole al grande regista cileno

Il Museo Nazionale del Cinema di Torino nei giorni scorsi ha reso omaggio a Pablo Larraín, uno tra i migliori esponenti della cinematografia latino-americana e internazionale contemporanea. Il regista, insignito della Stella della Mole, per essere riuscito, con registri ed estetiche differenti, a sollecitare la riflessione storica rifuggendo da ogni tentativo di ricostruzione testuale dal vero e senza mai aderire al prevedibile unico punto di vista, di rimando, ha offerto alla nostra città un’apprezzata  Masterclass  nell’Aula del Tempio della Mole Antonelliana.

Larrain ha ripercorso la propria carriera, fin da quando, dopo aver fondato  con il fratello Juan de Dios, Fábula, società di produzione audiovisiva e pubblicitaria, si è affermato con Tony Manero (2008), premio a Cannes insieme ad Alfredo Castro Miglior attore e  Premio FIPRESCI al Torino Film Festival:  “film antiestetico, con un protagonista detestabile”, il quale vive un’ossessione che si spiega anche con i danni prodotti dal regime di Pinochet.

L’analisi della  macchina del potere, nel contesto delle uccisioni di massa, ispira  Post mortem (2010) presentato in concorso alla 67ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. “Piccoli personaggi colpiti dalla grande Storia anche in No (2012), vincitore dell’Art Cinema Award al 65° Festival di Cannes e nominato all’Oscar come Miglior Film Straniero, la prima volta per un’opera cilena. “Film liberatorio ma amaro” su come l’intelligenza possa  sconfiggere la dittatura, nel Paese ha creato un dibattito sulla comunicazione politica.

El Club (2015), la vicenda di quattro sacerdoti macchiatisi di gravi colpe che vivono in una casa isolata in una piccola città sul mare, ha una base di realtà: i religiosi che avevano commesso abusi sessuali  spesso venivano spostati in Europa, Italia, Spagna, Germania, Sudamerica…con giustificazioni diverse. Larrain dichiara che questa sorta di pièce teatrale riflessiva su come, per le vittime di tali crimini, “l’inferno possa essere in terra” è ”un film che amo e che mi ha portato a pensare che la chiesa sia una delle strutture più violente”.

La serie dei biopic viene inugurata da Neruda (2016): a metà tra storia e leggenda, “con uno stile visivo audace e talvolta oniricoil “film  è diventato saggio letterario”. Le “biografie che biografie non sono”, – ammette l’autore – bensì “tentativi di catturare qualcosa che non può essere catturato”, ossia l’anima dei soggetti protagonisti, proseguono con Jackie (2026),  in concorso alla 73ª Mostra di Venezia. Efficace  messa in scena della politica come rappresentazione”  in cui Jacqueline Kennedy si rivela “ossessionata dal  ruolo”di first lady nell’interpretazione impeccabile di Natalie Portman: a Venezia il lungometraggio si aggiudica il Premio Osella per la migliore sceneggiatura.

Nel più recente Spencer (2021) vediamo Diana  d’Inghilterra  – interprete perfetta Kristen Stewart–  riappropriarsi progressivamente della sua libertà dall’ oppressione “sofisticata” della vita di corte durante un Natale a Sandringham. Film sulla fuga e sull’essere genitore, tanto che il regista  riconosce che “la maggior parte delle risposte alle nostre crisi le trovi nei tuoi figli”.

Larrain si accommiata dai torinesi informando dei nuovi progetti: la black comedy El Conde – incentrata sulla figura di Augusto Pinochet, trasformato in un anziano vampiro – e il lungometraggio Maria, sugli ultimi giorni della Callas, con Angelina Jolie nei panni del leggendario soprano.

Anna SCOTTON

annas@vicini.to.it

 

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