“A volte la tua gioia è la fonte del tuo sorriso, ma spesso il tuo sorriso può essere la fonte della tua gioia.” (Thich Nhat Hanh)

 

Il pacco Fiat

Esiste ancora il “pacco Fiat”? Non quello che veniva distribuito ai bambini, i regali attribuiti per età e per genere, diversi per maschietti e femminucce.

Parlo di quello che ancora pochi anni fa veniva distribuito ai dipendenti in quiescenza. La Signora N. lo aspettava con ansia: ai primi di dicembre iniziava l’attesa della lettera con il logo UGAF, l’associazione degli anziani FIAT, che definiva le giornate della distribuzione. “Caro socio…il Presidente”.

Dopo qualche giorno, tuttavia, alcuni residenti nel palazzo ricevevano il pacco, scatenando le invidie degli altri. Come mai la Signora B ha ricevuto il pacco a casa e noi invece dovremo andare a prenderlo? I riceventi a domicilio erano pochi fortunati (!) che non avevano la possibilità pratica di recarsi in Lungo Stura Lazio, in capo al mondo, o perché immobilizzati, o perché non avevano familiari a portata. O semplicemente perché erano dei raccomandati, non lo sapremo mai. Nessuno ha mai chiesto ad un raccomandato se è raccomandato. Semmai è il raccomandato che, maligno, lo fa trapelare a denti stretti.

Dunque i giorni mancanti venivano conteggiati dalla vecchietta come il calendario dell’Avvento. Il pacco è un dovuto, rinunciare un oltraggio. A meno uno scattavano i preparativi e nel giorno fissato i figli dovevano organizzarsi. Mezza giornata di ferie o permesso non retribuito, attraversare mezza città da ovest a sud per andare a prendere la mamma, pronta e seduta nell’ingresso da ore, attraversare l’intera città da sud a nord per andare allo stabilimento. Parcheggiare di fronte in un’area dimenticata da Fiat e dagli uomini, su un manto d’asfalto divelto (non si può parcheggiare all’interno, men che meno se non possiedi un’auto Fiat. Manco se sei un dirigente; infatti la Fiat, per non correre rischi, l’auto ai dirigenti la regalava). Attenzione, si scivola.

Si entra nello stabilimento, aggirando la barriera, salutati da un sussiegoso sorvegliante (quello che ti aveva respinto quando cercavi di portare dentro la vecchietta, pur malferma e ipovedente), inizia il rito. La fila per ricevere il pacco, “prenda una fetta di panettone e un bicchiere di spumante”.

Mai bevuto vino di mattina. Ma in quell’occasione anche panettone e spumante sono un dovuto. “Come sta, quanto tempo…

Dopo anni, forse 40 da quando il genitore era andato in pensione, i figli Fiat erano costretti a questa fastidiosa incombenza. Difficile far accettare che nella giornata lavorativa le 4 ore perse, quando tutti pretendono tutto prima della chiusura natalizia, non valevano il contenuto del pacco. Ma tant’è: il contenuto non contava: era il simbolo, il premio alla fedeltà. Il rito.

Una volta decisi di ribellarmi. L’anno prima avevo trattenuto la confezione di cartone, piuttosto riconoscibile, che era servita per la consegna di panettone e spumante. Comprai due articoli simili e li infilai nell’involucro. La vecchietta però si accorse che c’era qualcosa di sospetto: “ma quello che hanno portato alla Signora B è diverso”. Ipovedente sì, ma su alcune cose i sensi si moltiplicano.

Vergogna. Fui costretto a simulare un errore: dissi che quello che avevo consegnato alla vecchietta era in realtà un pacco che avevo ricevuto io.

Andammo a prendere il pacco autentico UGAF attraversando tutta la città; lei se li tenne entrambi.

Gianpaolo Nardi

gianpaolon@vicini.to.it

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