Non sembra affatto opera di una debuttante il film della drammaturga sudcoreana, naturalizzata canadese Celine Song: presentato al Sundance Film Festival, poi a Berlino e quindi alla Festa del Cinema di Roma ha riscosso consenso unanime. Ora questa storia all’apparenza semplice, ma dall’intensità che tocca il cuore è in corsa per gli Oscar 2024 con ben due nomination: miglior film e migliore sceneggiatura originale.
Tra due dodicenni coreani, Na Hang e Hae Sung, amici e compagni di scuola, nasce un tenero innamoramento, ma sono costretti a separarsi perché la famiglia della ragazza si trasferisce negli Stati Uniti: il bivio delle vie che imboccano e per tornare nelle rispettive case prima della partenza allude alle diverse possibilità che il futuro riserverà loro. Dodici anni dopo lei lo cerca attraverso i social, ma – presi entrambi dalle rispettive realizzazioni professionali – rivedersi è impossibile. Passano altri dodici anni e, per le intermittenze del cuore, è lui a farsi vivo: mentre Na Hang si è sposata con un americano, Hae Sung ha una relazione sentimentale in stand by. L’uomo decide quindi di andare a trovare l’amica d’infanzia a New York.
Il film riesce a fondere, sia dal punto di vista stilistico che dei contenuti, due culture: quella occidentale, metropolitana, rappresentata dallo skyline e dagli scorci di una New York ripresa in inquadrature di grande suggestione, e quella orientale, con l’idea di destino coreana, che si traduce in quell’ “In-Yun”, per cui un incontro significativo tra due persone è in realtà un ritrovarsi, in virtù di legami profondi nelle loro “vite passate”. Trait d’union tra questi due mondi il marito di Na Hang, Arthur, intellettuale gentile e rispettoso dell’intesa che – all’arrivo di Hae Sung – si manifesta tra quest’ultimo e la moglie. Gli attori protagonisti, Greta Lee e Teo Yoo, comunicano con naturalezza le acrobazie emotive scatenate dall’essersi ritrovati: in particolare colpiscono le loro mani che appena si sfiorano sulla metro, gesto in cui si immedesima chiunque abbia desiderato un contatto con l’altro senza osarlo.
In Past lives la regia, la scrittura, la direzione degli interpreti sono a servizio di una delle infinite declinazioni dell’amore: ma il film possiede la verità del desiderio, della nostalgia, del rimpianto per ciò che nella vita poteva essere e non è stato.
Nelle sale torinesi
Voto: 8/10
Anna Scotton
Lascia un commento