Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Alessandro Barbero: storie dalla Storia

Incontro con Alessandro Barbero, Juri Bossuto e Luca Costanzo per il ciclo LeggerMenteBarbero I prigionieri dei Savoia

Ascoltare Alessandro Barbero è come assistere ad uno spettacolo.

Quando prende il microfono è come se azionasse il pulsante play che fa partire uno sceneggiato: i personaggi cominciano a prendere vita ed a muoversi in un enorme scenario: Cavour, Garibaldi, il comandante del Forte di Fenestrelle, da immagini sbiadite nel tempo diventano un mondo vivo e pieno di colore.

Il terzo appuntamento di LeggerMente aveva ospiti 3 autori che hanno in comune lo sfondo del Forte di Fenestrelle, carcere nel quale furono ospitati i prigionieri dell’esercito borbonico sconfitto da Garibaldi.

La prima domanda è: “Professore, certo non può avere scritto questo saggio per polemica; allora qual era l’intento?” “Polemica, che altro?” risponde lui.

Già: molti sono gli scrittori meridionali o meridionalisti che hanno trattato il tema, non sempre nei modi e con gli strumenti richiesto dal metodo scientifico.

Andando per ordine: durante le celebrazioni di “Italia 150” è riemersa un’interpretazione “revisionista” della storia dell’unificazione. In tale filone si situa la rilettura di molti avvenimenti del Risorgimento: battaglie, personaggi, luoghi.

Tra questi, è emblematica la vicenda dei prigionieri inviati al carcere di Fenestrelle, dove sarebbero stati sterminati dagli stenti e dalle esecuzioni.

La storia, in realtà, racconta Barbero, è questa: durante l’avanzata verso Napoli, l’esercito di Garibaldi non aveva fatto prigionieri perché le truppe nemiche letteralmente si scioglievano dopo i combattimenti. Sul Volturno, invece, l’esercito borbonico combatte: al termine di una battaglia dall’esito incerto, Garibaldi si trova con 2500 prigionieri di cui non sa che fare: ben altro hanno a cui pensare i generali.

Inizia lo scaricabarile: i prigionieri vengono spediti a Genova e poi a Fenestrelle, convertito in carcere militare, dove vengono trattati come prigionieri di guerra. La burocrazia Sabauda è puntigliosa e registra con continuità questa permanenza: dalla corrispondenza dell’epoca si vede la preoccupazione del Ministero della Guerra a che i soldati meridionali, non abituati a quel clima, ricevessero cibo e vestiario adeguati; e le risposte del comandante del Forte che attestano l’avvenuta esecuzione degli ordini.

Che fine hanno fatto quei prigionieri dopo la guerra? Messi al muro e scomparsi anche dai registri senza lasciare traccia, quando i diari riportano diligentemente persino i trasferimenti all’infermeria?

La tesi di Barbero è che, al termine del conflitto ed all’avvenuta proclamazione dell’Unità, i soldati venissero arruolati nell’esercito del nuovo Stato. La stessa sorte dei borbonici toccò anche ai soldati della Toscana. E’ probabile che non fossero tutti entusiasti: tuttavia la guerra con l’Austria sembrava imminente, e l’obbligo dell’arruolamento viene ribadito dal nuovo Governo (si sa che la leva durava 8 anni).

Alcuni ufficiali trattano, ad esempio un passaggio di grado. Altri fuggono e raggiungono Francesco II per gloriarsi della loro fedeltà, e vengono premiati ricevendo un vitalizio.

Ecco il senso dell’intento polemico: il saggio è la risposta di uno studioso che vede espresse opinioni apparentemente attendibili, ma non suffragate da documentazione; mentre è l’analisi delle fonti il compito di chi si avvicina alla Storia. Barbero lo fa nel modo entusiasta dell’esperto di storia medioevale, spesso carente di fonti, che si trova a disposizione una marea di documenti tra cui, persino a malincuore, è costretto a scegliere.

A questa storia fanno da complemento quasi obbligato Juri Bossuto e Luca Costanzo, che raccontano senza reticenze un carcere in cui vengono rinchiusi “forzati, discoli, prigionieri politici e giovani da correggere”.

“Una domenica mattina del 1814 Giulia di Barolo, udendo le imprecazioni provenienti dalle carceri Senatoriali, vi entrò per osservare le pietose condizioni di vita in cui scontavano le loro pene i detenuti. La vista delle donne e degli uomini custoditi nella prigione le cambierà la vita per sempre, consegnandola a “quell’oscuro mondo” per  portarvi un po’ di luce..”.

Tra storie di condannati, giustiziati, donne di malaffare e borbonici, ci parlano anche di un sistema carcerario in cui lo scopo, fino all’epoca dell‘Unità  puramente punitivo e simbolo della potenza dei sovrani, comincia a lasciare il posto ad ipotesi di recupero sociale.lapide nel forte di fenestrelle

Di più: Bossuto e Costanzo, riallacciandosi alla vicenda raccontata anche da Barbero, forniscono testimonianza documentata di come possano nascere giudizi fuorvianti, come quelli della lapide affissa nel Forte che afferma “…Pochi tornarono a casa, i più morirono di stenti”.

Per la storia della congiura e delle catene…meglio leggere i saggi.

“I prigionieri dei Savoia: la vera storia della congiura di Fenestrelle” di Alessandro Barbero

“Le catene dei Savoia” di Juri Bossuto

Giampaolo Nardi

Gianpaolon@vicini.to.it