Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Botto di colore

E’ terminato il giorno 12 scorso il workshop dedicato alla realizzazione della pittura murale di Via Pasque Piemontesi, di fronte al plesso scolastico di Via Collino.

All’opera, proposta da un gruppo di cittadini del quartiere guidato dall’Associazione Sportidea, hanno lavorato una dozzina di studenti di una classe terza del Liceo Artistico Cottini, ciascuno impegnato nel settore dell’opera che aveva sviluppato su carta.

Del bozzetto avevamo accennato nel precedente articolo . Una differenza, abbiamo notato: il volto femminile che chiude la stringa di Via Pasque Piemontesi ha il capo velato. La studentessa che lo sta completando ci conferma che è un’iniziativa delle autrici che avrebbero voluto rappresentare vari aspetti, diversi “colori” femminili, ma alla fine si sono dovute accontentare di due volti.

Ma non è uno solo, il murale: sul muro fronte giardino di Via Rubino ha lavorato un artista abbastanza noto nell’ambiente, Fabio Petani. Le sue opere, si legge su un photo book dal titolo “Serra urbana” curato da vari committenti, parlano di “armonia disaggregata di forme, linee e volumi” “alchimia di realtà e fantasia”.

Gli chiediamo di raccontarci quest’opera e del mondo che sta attorno a quella che chiamiamo Street Art.

“Fabio, chi sono i committenti di questa forma d’arte?”

“Intanto non è corretto parlare di arte di strada, poiché è arte, indipendentemente dal luogo o dal supporto utilizzato. Più precisamente in questo caso ci riferiamo a Urban Art.

E’ un’attività che si è sviluppata principalmente all’estero. E’ più un fatto di ambiente, una rete internazionale alimentata dai Social network. Nasce un festival, una proposta da un’università, da un progetto cittadino. C’è un budget assegnato da un’iniziativa di queste entità e i partecipanti vi si adeguano”.

“Da cosa nasce la domanda della committenza? Nel nostro caso, banalmente, si trattava di rimediare a un muro insudiciato…”

“No le richieste vengono da chi ha visto qualche opera e ingaggia gli artisti che l’hanno prodotta. E per lo più in base allo stile del singolo. D’altra parte, poiché io ho una mia forma espressiva, se mi viene richiesto di disegnare Topolino lo posso fare ma è probabile che io sia più caro di altri. Ne consegue che il muro non aumenterà di valore come se invece eseguissi un soggetto mio.”

“Come, che significa acquisterà valore?”

“Molti investitori scelgono un artista particolare per far acquisire maggior valore al proprio immobile. Esiste un mercato dell’Urban Art, o arte popolare. In alcuni quartieri viene usato come un primo passo per la riqualificazione urbana: il colore per spezzare il grigiore del cemento. Da lì nascono anche i tour di Street Art per visitare, raccontare come è nato e cosa c’è dietro all’opera.

Come si diceva, Street Art è termine usato per chi lavora sulla strada ma gli artisti lavorano anche su gallerie, su tela. Sono vari mercati paralleli.”

“Visto che si parla di opportunità di lavoro per i giovani, questo lo vedi come un lavoro?”

“Eh no, è ancora considerato un non lavoro. Di quelli che ti dicono ok, fai l’artista ma di lavoro? All’estero no, la cultura è diversa. Io, come Fijoor e altri abbiamo una partita IVA come artisti. Paghiamo le tasse. In realtà chi ci guadagna sono quelli che girano intorno a questo mercato; noi prendiamo una cifra forfettaria, in genere in base alla superficie su cui lavoriamo, mentre gli organizzatori, sulla quantità, si prendono la fetta più grossa. Comincia a esserci un’organizzazione di tipo imprenditoriale. Nel caso del settore pubblico è raro che sia il suo personale stesso che ci contatta, in genere esistono figure che fungono da tramite.”

“Raccontaci invece le tue caratteristiche: soggetti, creatività…il tuo stile.”

“In generale si caratterizza per gli elementi botanici. E’ nato un po’ per avvicinare elementi astratti ad altri più morbidi. Per avvicinarsi al contesto urbano con quell’ elemento trascurato negli ultimi decenni che è la natura. C’è chi non riesce ad uscire dalla città e allora raffiguro la natura; foglie, paesaggi, cercando di dare sensazioni di serenità.”

“Non è questione di mode?”

“No, sono temi che io porto avanti da molto tempo. Ma non è né realismo né illustrazione, è una mia interpretazione, nella quale inserisco anche elementi astratti, una visione un po’ particolare della natura. In modo anche di adattarci ai tempi.

Molti messaggi oggi arrivano con i cartelloni pubblicitari in maniera molto diretta. Io cerco di integrare, dare un impatto morbido, non marcare, come la pubblicità, ma rimanere un po’ nascosto, Se lo guardi dall’altra parte della strada lo vedi un po’ mimetizzato, poi quando ti avvicini l’occhio scopre i particolari. Proprio poco fa una signora che portava a spasso il cane diceva che sembrava che la natura si avvicinasse a lei mentre si accostava. E’ un modo di creare che ricorda il Trompe-l’oeil. Si vorrebbe che la gente avesse l’impressione di insinuarsi nella natura che invece è solo disegnata. Deve sembrare che il dipinto sia una parte del boschetto che lo circonda e lo anticipa.”

“Mi dicevi di quella grafica quasi sovrapposta, che assomiglia a un’incisione.”

Sì è un po’ il modo che avevano di dipingere nel medioevo, con dei pennini sottili che lasciavano un segno come fosse un’incisione, luci e ombre che creano una specie di chiaroscuro. Dovresti percepirlo come se fosse in rilievo. Qui ho voluto marcarlo un po’ di più, sempre per tenere come soggetto principale del discorso la natura, però rappresentandola in forma sempre diversa, un po’ realistica, un po’ astratta, un po’ geometrica, ma in modo che fosse comprensibile la diversità.  La grafica delle incisioni è un po’ superata ma sempre elegante, molto personale.

“Vengono in mente gli amanuensi medievali. Sbaglio?”

“No, anzi, ho molti libri che parlano degli erbari medievali. Il che ispira anche un po’ la tecnica. Parto da una foglia sottovetro, poi digitalizzandola, e infine uso lo scanner elettronico. Dove un tempo c’era lo scriba che disegnava l’oggetto che qualcuno aveva portato, magari ad un convegno.”

“Mille anni dopo. Invece i materiali?”

“Sono tutte pitture acriliche all’acqua, resistenti e non più invasive.”

Gianpaolo Nardi

gianpaolon@vicini.to.it

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


*