E’ passato più di mezzo secolo da quando gli operai di Mirafiori accompagnavano la famiglia a Messa la domenica, così si diceva, con l’Unità in una tasca e La Stampa nell’altra.
Da allora il rapporto tra Torino, specie la Torino operaia, e il suo giornale è sempre stato strettissimo: anche se mai sancito dall’obbligo di fedeltà.
Sarà un caso che oggi, 4 marzo 2016, ancora fresco l’annuncio della nascita di un nuovo polo editoriale tra L’Espresso/La Repubblica e La Stampa, Cascina Roccafranca riceva la visita del nuovo Direttore de La Stampa, Maurizio Molinari, la prima di una serie di incontri programmati con i cittadini.
Sarà coincidenza, ma i lettori (e non), presenti numerosissimi all’incontro, hanno gradito: dal Direttore di Cascina ai rappresentanti di associazioni e gruppi che la animano giornalmente, al pubblico non legato a questo piccolo, effervescente universo, tuttavia desideroso di presenziare all’incontro ravvicinato con un Direttore del quotidiano La Stampa.
Molinari non si sottrae: scende in mezzo al pubblico e spiega la visita attraverso la sua concezione di giornalismo. Essere un giornale significa appartenere ad un territorio, inserirsi in una comunità. Il giornalista è tale se cattura le notizie parlando con la gente. Cita, esempio basilare di giornalismo d’inchiesta, Carl Bernstein, del Washington Post, (Molinari lo aveva incontrato nel periodo in cui era stato corrispondente a New York).
Durante lo scandalo Watergate Bernstein raccoglieva notizie setacciando testimonianze anche contraddittorie tra loro, ma che alla fine si rivelarono utili a fare luce sulla verità. Non sfugge il fatto che il metodo diede grande notorietà al giornale ed ai reporter che lo applicarono.
Mentre il Direttore risponde alle domande, si chiarisce il suo progetto.
Non si tratta solo di raccogliere informazioni: il giornalista è il fulcro attorno al quale prima ruotano i suoi lettori, e infine il loro cerchio di conoscenze. Il giornalista racconta una storia, ma la reazione del lettore e il suo giudizio permettono a chi scrive di confrontarsi, e per altro storie che nascono individuali vengono trasferite e diventano di interesse collettivo.
Compare il concetto di partecipazione, parola magica rincorsa e spesso abusata, un brivido per molti dei presenti all’incontro: Comitati di quartiere, volontari, che ne hanno fatto una parte della propria vita.
Rimane però il grande timore espresso in più di una domanda e al quale si accennava all’inizio: quale sarà il destino de La Stampa e del Secolo XIX in un polo editoriale dominato dal quotidiano La Repubblica? I primi, condannati a una dimensione locale-cittadina, la seconda, a ricoprire il ruolo di quotidiano nazionale?
Certo la salute di tutte le testate non può che migliorare, viste le attese sulla raccolta pubblicitaria: secondo Molinari, tuttavia, il modello vincente, in un panorama di giornali-replica, è quello della diversificazione, non quello dell’uniformità, dell’omologazione.
“E allora, Direttore, qual è l’identità di Torino, quella che“vede” lei e che il giornale dovrà rappresentare?” Per Molinari Torino è la città delle regole, del rispetto reciproco e del rispetto delle istituzioni. Un’idea moderata della società, dominata al contrario da visioni fondamentaliste.
Si spiega con una battuta del suo collega Borghesan, quando il Direttore era ancora un giovane cronista: “Qual è l’anima di questo giornale?” chiedeva Molinari. “E’ un giornale costituzionale”. Sorpresa: arriviamo addirittura alle radici della legge e della legalità.
Il tema ritorna parlando di Europa: carenza di leadership e dell’idea di bene comune. Incapacità di armonizzare gli interessi nazionali. Di avere una comune concezione sul diritto di asilo. L’unica certezza è che si vede solo impoverimento dei cittadini e mancanza di sicurezza. Molinari cita ancora una collega parigina che si stava trasferendo a New York e lo faceva con le lacrime agli occhi, perché doveva lasciare la sua città, e sarebbe stato per sempre. Parigi non le sembrava più la città che aveva conosciuto, in cui era nata. Caos, insicurezza, paura. Quando è iniziato tutto questo? Quando auto guidate da extracomunitari hanno cominciato a passare col rosso.
Accoglienza e legalità. Temi ben presenti nel quartiere. L’impressione è che la citazione non sia a caso.
C‘è tempo per rispondere in modo puntuale ad un’istanza: perché nei giornali si parla solo di brutte notizie? Non si può dare risalto anche alle buone notizie? Molinari accetta di buon grado un commento dal pubblico: “Buona idea, cancelliamo tutte le cattive notizie” ma smentisce e sciorina una mini serie di buone notizie pubblicate nel numero odierno.
C’è simpatia e persino affetto attorno al Direttore che si scusa perché deve correre a “fare il giornale”.
Gianpaolo Nardi
gianpaolon@vicini.to.it
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