L’incontro svoltosi venerdì 10 marzo scorso, nell’ambito della rassegna Leggermente 7° edizione, con il dr. Cottarelli ha offerto un’occasione preziosa per fare il punto sul problema del debito pubblico italiano, argomento al momento trascurato dall’opinione pubblica e dai media nazionali.
Carlo Cottarelli, cremonese, classe 1954, lavora da molti anni per il Fondo Monetario interazionale; è l’autore di un libro, edito da Feltrinelli, “Il Macigno” sul tema del debito pubblico italiano. L’Autore ha sottolineato come il nostro debito sia ormai arrivato al 130% del prodotto interno lordo, uno dei valori più elevati al mondo, e, nella nostra storia, superato solo in occasione dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. L’Italia, che ha un debito pubblico di queste dimensioni, cresce meno di altri paesi, in quanto le risorse economiche statali sono assorbite proprio per ripagarlo.
L’Italia ha già superato la soglia di vulnerabilità, fissata al 120% dal FMI per i paesi sviluppati; questa situazione è 7 volte peggio di quella della Grecia, che ha sofferto di recente di problemi analoghi. Il nostro debito pubblico è per il 60% circa detenuto da italiani, privati o famiglie. E per il 40% da investitori esteri, in prevalenza europei.
La questione è che, in un paese, i conti pubblici devono sostanzialmente quadrare; l’indebitamento è un elemento negativo, per il quale bisogna trovare soluzioni. Su questo punto Cottarelli ha illustrato la situazione distinguendo tra possibili soluzioni che ha chiamato scorciatoie e la soluzione indicata come via maestra.
Le soluzioni non proponibili o che comunque potrebbero portare a difficoltà successive peggiori, sarebbero: la dichiarazione da parte del Governo italiano di una bancarotta strategica; il ritorno alla valuta nazionale con l’uscita dall’euro; una privatizzazione da parte dello stato; o l’emissione di Eurobonus, sostitutivi dei titoli di stato italiani, emessi dalla Banca centrale europea.
Tutte queste soluzioni, proposte e discusse in vari sedi, non sarebbero una soluzione definitiva al debito, ma per vari, articolati motivi, un rimedio quasi peggiore del male.
L’unica strada maestra per risanare il debito è quella di una vera, maggiore crescita economica italiana, cui si potrebbe pervenire attraverso riforme strutturali che consentano un recupero di produttività e, parallelamente, un congelamento o (ipotesi difficile, ma ancora migliore) una riduzione della spesa pubblica.
Quella delle riforme, ad esempio, è stata la strada intrapresa dalla Spagna, che oggi cresce ad una media del 3% annuo e che non aveva comunque un debito pubblico elevato come il nostro. Secondo Cottarelli, iniziative decise in questa direzione, potrebbero portare ad un pareggio del bilancio entro il 2021. E’ovvio che a questa maggior crescita deve anche necessariamente corrispondere un ‘non-aumento’ della spesa pubblica nazionale.
Il discorso si è poi brevemente allargato ad altri aspetti collegati, tra cui i problemi dell’evasione fiscale, del sistema corruttivo presente nel nostro paese, dell’impoverimento strutturale della nostra classe media, che ha portato a una riduzione cronica della domanda di beni.
Da ultimo, parlando dei costi della politica, Cottarelli ha calcolato che questi siano elevati (circa 5 miliardi di Euro/anno) ma non incidano percentualmente in modo significativo sulla spesa pubblica. La riduzione, o il loro contenimento, dovrebbe avvenire più per un fatto morale, che non per la loro incidenza sul debito.
Giorgio Ferraris
giorgiof@vicini.to.it
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