Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Bianco e nero al Rough Dive Bar

Foto by rulenumberone2

Pareti tappezzate di hentai manga (fumetti giapponesi a sfondo pornografico), nudi artistici e persino stampe di Milo Manara: così si presenta il Rough Dive Bar, locale tutto torinese situato in Via Principe Tommaso 3. Una saletta che vanta settanta posti (ma a stento ne conterrebbe cinquanta!) tra divani, sedie e seggiole, con uno schermo di proiezione e un impianto audio tutti “fai da te”.

E il risultato è comunque più che apprezzabile, specie se la serata è gratuita e i film così ben selezionati. E così, in un martedì sera come gli altri, il Rough abbandona le luci rosse per tingersi di bianco e nero: il protagonista è David Lynch, col suo Eraserhead (1977).

Regista, sceneggiatore, produttore, montatore, attore, scenografo, pittore e musicista: questo l’universo di David Lynch, insignito del Leone d’Oro alla carriera nel 2006 dopo la realizzazione di quasi un centinaio di opere tra cortometraggi, lungometraggi, documentari e film per la televisione.

La proiezione si apre con un’introduzione comunque discutibile: il primo a prendere la parola è Sharif Meghdoud. E sì, se ve lo steste chiedendo, è proprio il ragazzetto infognato di cinema che ha voluto urlare «Vergognati puttana, fai schifo!» alla regista Jennifer Kent in occasione della scorsa Biennale di Venezia; forse credeva di rendere più interessanti i suoi lungometraggi non proprio innovativi.

Dopo qualche altro convenevole, via, si parte; qualche ragazzo ancora non ha trovato un posto e vaga per le poltroncine, mentre i baristi continuano ad illuminare la sala a giorno sfornando cocktail ogni minuto.

Il film, nemmeno a dirlo, è geniale: contrasti violentissimi di immagini simboliche, senza una vera e propria trama. Colonna sonora tutta industriale, sì, ma per una degradata società post-industriale intrisa di astrattismo e visioni straordinarie. Metafore non immediatamente decifrabili e qualche scena di violenza forse fine a se stessa; e i ragazzi in sala non sembrano apprezzare: a qualcuno viene da vomitare, altri vorrebbero andarsene, altri invece sembrano incollati allo schermo e ne usciranno cambiati.

Si, perché Eraserhead non si dimentica facilmente: quando ti ricapita di assistere a una performance di In Heaven (peraltro scritta da Lynch) cantata da un’aggraziata ballerina deforme sotto una pioggia incessante di pseudo-feti?

Prossimo film in programma al Rough? Shining di S. Kubrick, il 29 ottobre.

Matteo Gentile

matteog@vicini.to.it

 

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