Non si tratta ancora di coltivare la verdura sul balcone di casa, ma di fatto gli spazi richiesti dall’agricoltura idroponica sono davvero molto ridotti.
L’idroponica è la coltivazione delle piante fuori suolo, ovvero senza terra e grazie all’acqua, L’etimologia della parola deriva dal greco antico: “hidro” acqua e “ponos”, lo “spirito” che, nella mitologia greca impersona il lavoro duro, la fatica dell’uomo. Ma nell’idroponica il concetto è rovesciato: la maggior parte del lavoro è svolto dall’acqua.
Non è una novità. Esempi di agricoltura in questa forma si ritrovano nei giardini pensili dell’antica Babilonia o imn molte zone delle Ande.
Una giovane coppia di studenti di Scienze e Tecnologie Agrarie di Torino, ci si è dedicata con grande impegno.
La famiglia di Andrea dispone di uno spazio nella loro casa unifamiliare ad Agliè; Andrea lo ha attrezzato ed ora produce basilico, diversi tipi di insalata, sedano. Greta partecipa in modo costante all’attività per lo sconforto dei genitori che la vedono allontanarsi dalle mura domestiche.
“Andrea, quali sono i vantaggi di questo tipo di coltivazione?”
“E’ vero come hai già osservato, che la quantità di lavoro è molto ridotta rispetto alla coltivazione tradizionale. E’ ridotta la quantità di concime, diciamo meglio sostanze nutritive, necessarie. Lo stesso vale per lo spazio: questa vasca è 17 metri per 1,20. Anche il ciclo di coltura è molto abbreviato“.
“Però qui non si vede la terra. Come è possibile far crescere le piante senza interrarle?”
“La terra che ci serve per piantare, ad esempio, una piantina di basilico acquistata dal vivaio ha un volume di pochi centimetri cubi. Alloggiato in un vasetto forato delle stesse dimensioni viene inserito in un pannello in modo che l’acqua della vasca lo lambisca quasi interamente. Poco per volta si sviluppano le radici che rimangono immerse nell’acqua e lì ricevono le sostanze nutrienti”.
“Non sembra proprio facile. Come hai sviluppato questo progetto?”
“Non ho avuto sovvenzioni, ma ho cercato di utilizzare per quanto possibile materiali di recupero. Ho portato la vasca ad un’altezza tale per cui si possa lavorare in piedi, senza chinarsi” “Lavorare senza rompersi la schiena è meglio” si inserisce Greta. Saggezza femminile, uno non sa cosa sarà la sua schiena fra venti o trent’anni.
“Il rialzo struttura in legno” continua Andrea” è costituito da pallet usati e il substrato, quello per cui altri usano terra o torba, è un pannello di polistirolo espanso forato. La vasca è ricoperta da un telo e contiene un 20 cm di acqua, molto meno di quello che sarebbe necessario per le stesse quantità di prodotto coltivato in terra. Anche il concime utilizzato è ridotto perché non c’è dispersione in terra, non c’è spreco.”
“Occorre più attenzione però” interviene Greta, la tecnologa della coppia.” I concimi utilizzati nelle colture normali sono composti, qui dobbiamo selezionare con maggiore cautela le caratteristiche dei nutrienti in base al tipo di coltura. Là dove si usano, ad esempio, concimi che contengono azoto, fosforo e potassio abbinati, in idroponica gli stessi macroelementi vengono utilizzati in modo selettivo.”
“D’altra parte” continua Andrea” non abbiamo piante infestanti, come invece nella coltivazione in terra, e così per i parassiti che invece si sviluppano in spazio libero”
“Quindi non occorrono precauzioni?”
“Non proprio. Dobbiamo ripararci dalla pioggia, che spesso è acida, e comunque occorre creare un ambiente protetto. Per chi propone una coltura biologica al 100 % l’ambiente deve essere reso asettico, ma non è ancora il nostro caso”. “E’ inoltre necessario ossigenare l’acqua in modo continuativo con una pompa elettrica per mantenere le radici sane e prive di batteri” precisa Greta.”Si deve assicurare un ricambio dell’acqua smaltita per vapotraspirazione Le condizioni generali dell’ambiente devono essere rese stabili, senza variazioni di temperatura e umidità rilevanti.”
“Tuttavia occorre un minimo di attrezzatura”.
“Sì. La cosa importante è una pompa da 700 watt per l’ossigenzazione dell’acqua che funziona con un ciclo operativo un’ora accesa mezz’ora spenta; un misuratore di PH ed uno per la regolazione della conducibilità elettrica” “Un conduttivimetro per regolare la quantità di fertilizzante. Piccoli strumenti digitali portatili” completa il quadro Greta.
Riprende Andrea: “Obiettivo produrre tutto in azienda, dalla semina alla vendita. Il problema è che nella semina si creano molte fallanze ed occorre tenere conto del dilavamento e del maggior costo del substrato. E’ possibile anche utilizzare concime naturale prodotto da pesci adatti associando alla vasca un piccolo vivaio”
“Riuscite a produrre solo nella bella stagione o ci sono varietà che potete produrre tutto l’anno?”
“Hai visto basilico e verdura a foglia larga, colture estive. Ma non solo ortaggi. Abbiamo provato coi meloni, lo faremo con le fragole. Abbiamo già iniziato con i prodotti invernali, radicchio, cavolfiore, sedano, costine e spinaci.”
“I pomodori, la fantasia “agroculturale”di tutti gli italiani?”
“Per questo occorre sostenere la pianta ma è possibile. Si va anche nella direzione del Vertical Farming in cui, però, occorre luce e una maggiore quantità di energia”. Non proprio a portata di mano, ma forse davvero si arriverà all’orto sul balcone di casa.
“Adesso la domanda da cento milioni: può una giovane coppia assicurarsi con questa attività un reddito sufficiente per viverci?”
“E’ una questione di dimensioni. Al disotto di certi volumi puoi già contribuire in modo significativo all’economia familiare. Superato questo livello devi organizzarti in base agli aspetti che caratterizzano un’azienda vera e propria: accordi commerciali che richiedono volumi e costanza delle forniture; investimenti ed attrezzature adatte, e così gli acquisti. Noi lavoriamo per arrivarci”.
Le prospettive sono buone: una vaschetta di piantine di basilico da 160 piante prelevata dal vivaio costa 10 euro, ogni piantina coltivata si vende poi al mercato a 1,5- 2 euro.
Andrea ci mostra un passaggio della sua tesina delle superiori in cui cita un’azienda agricola idroponica inglese, la Thanet Earth che, in una zona depressa, ha realizzato uno stabilimento in cui produce il 15% dell’intera produzione ortofrutticola nazionale.
Gianpaolo Nardi
gianpaolon@vicini.to.it
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