“A volte la tua gioia è la fonte del tuo sorriso, ma spesso il tuo sorriso può essere la fonte della tua gioia.” (Thich Nhat Hanh)

 

Intelligenza artificiale tra Scienza e Ingegneria

Sarà la scienza o l’ingegneria a vincere la corsa all’Intelligenza Artificiale? Questo l’invito alla conferenza tenuta al Teatro Carignano nell’ambito del Festival Internazionale dell’Economia il 30 maggio scorso.

Protagonista Tomaso Poggio, professore presso il Dipartimento di Brain & Cognitive Sciences del MIT e co-direttore del NSF (ente certificatore per la sicurezza alimentare) – Center for Brains, Minds and Machines del MIT. Ha partecipato all’avvio o all’investimento in numerose aziende di alta tecnologia, tra cui Deep Mind.

Tito Boeri lo presenta: è un fisico la cui ricerca si è sempre svolta tra cervello e computer. Ora si concentra sulla matematica dell’apprendimento profondo e sulla neuroscienza computazionale del contesto visivo. Fra titoli e onorificenze, cita il saggio “Cervelli, menti, algoritmi. Il mistero dell’intelligenza naturale, gli enigmi di quella artificiale, Sperling & Kupfer (2023, con M. Magrini)”; libro di facile lettura, si sorprende Boeri.

Dell’Intelligenza Artificiale, dice Poggio, vogliamo avere una visione sulle implicazioni future; sul reddito, sulle istituzioni. sulla nostre vite. La sostituzione del lavoro umano con le macchine. Legato a questo, valutare in che misura sia in grado di replicare le funzioni del cervello umano o sia invece (provocatoriamente) un trucco di marketing. In che misura i risultati siano dovuti ai progressi delle neuroscienze o dell’ingegneria.

Boeri cita un suo esperimento. Ha chiesto a Chat GPT 4, il più evoluto della sua generazione, come rappresenta se stesso: l’immagine forma una serie di connessioni e nodi. Una replica del cervello umano. Ma cosa dice la scienza?

La domanda è: la macchina che imita l’uomo è intelligente? Forse è cosciente perché ormai sappiamo che è in grado di ingannare il suo ideatore. Il problema che si pongono le Scienze Cognitive è come il cervello (brain) crea la mente (mind), il pensiero.

Sull’addestramento delle macchine si sono fatti studi legati alla ricerca sulla guida automatica. Il rilevamento di figure che l’auto deve riconoscere viene addestrato con centinaia di migliaia di immagini, sostanzialmente fornendo degli esempi.  I dati forniti vengono poi processati, con ottimi risultati ma sempre insufficienti a parlare di “guida automatica”.

Nell’ultima decade l’ingegneria delle reti neurali ha fatto grandi progressi senza la Scienza e separatamente dalle Neuroscienze. Dobbiamo ancora capire però come il nostro cervello crea la nostra intelligenza.

L’esempio viene da un pezzo di storia dell’ Elettricità.

La pila viene ideata da Volta nel 1800.

Era una elettricità di scintille, dischi di rame e sughero. Ma la Scienza non aveva nessuna comprensione né formulato alcuna teoria su cosa fosse l’elettricità. Eppure già così fu una scoperta epocale. La velocità di trasmissione allora era quella di un cavallo che galoppa 24 ore; la notizia della caduta di Costantinopoli aveva raggiunto l’Europa in 3 settimane. Con il telegrafo la velocità diventa quella della luce.

Non c’era una teoria. Fino a Maxwell.

“Oggi non abbiamo una teoria su come funzionano Chat GPT o Gemini” (l’omologo di Google di Chat GPT). Per ironia non sappiamo perché funzionano così bene.

Forse, suggerisce Poggio, abbiamo raggiunto il limite, non andremo oltre. Vedremo se Chat GPT 5 sarà meglio. Gli LLM saranno capaci di originalità nella matematica? Produrre nuovi teoremi?.

Se così fosse, avremmo i principi fondamentali di tutte le intelligenze, inclusa la nostra.

Perché un risultato l’abbiamo raggiunto: è la prima volta che ci sono altri sistemi che funzionano come noi. Che passano il test di Turing, il non riuscire a distinguere le risposte della macchina rispetto alle nostre. Possiamo fare studi comparativi fra diverse intelligenze. Capire come funzionano questi sistemi ci aiuterà a capire come funziona la nostra.

Basterà questo a creare delle macchine più intelligenti di noi?

Riusciremo a produrre un ChatGPT cosciente?

“50 anni fa avrei detto ci vogliono 50 anni, oggi posso dire: magari ci vogliono 50 anni o magari succederà domani”, conclude Poggio.

Gianpaolo Nardi

gianpaolon@vicini.to.it

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