“Il film, quando non è un documentario, è un sogno.” Il celebre aforisma di Ingmar Bergman allude al forte legame che unisce anche il cinema del reale alla Settima arte. Il documentario Uomini e dei. Le meraviglie del Museo Egizio (FUORI CONCORSO) di Michele Mally ne è un esempio: raffinato prodotto filmico, montaggio sapiente di riprese in loco, interviste a studiosi e al direttore Christian Greco, inserti esplicativi, rende un ottimo servizio al museo dedicato alla civiltà nilotica più antico del mondo e che si accinge a celebrare il duecentesimo anniversario (la sua apertura risale, infatti, al 1884). Maestro di cerimonie l’attore Jeremy Irons, la cui capacità interpretativa nel commento ben illustra l’anima e le meraviglie archeologiche dello scrigno espositivo di Via Accademia delle Scienze, contribuendo sicuramente ad ampliarne la conoscenza a livello internazionale.
A metà strada tra la fiction e la realtà si colloca l’opera “Gianni Versace. L’imperatore dei sogni“, (FUORI CONCORSO), del regista Mimmo Calopresti. Spezzoni di interviste realizzate negli anni al celebre sarto che inventò le top model, si alternano a momenti di finzione, in cui gli interpreti ricostruiscono l’epopea di una famiglia che dal piccolo centro di Bagnara Calabra raggiunse con la sua fama il mondo. Incentrato sull’immagine di Versace uomo colto, che si definisce “superficiale”, citando Nietzsche – come i Greci – “per profondità”, il filmato ha il merito di sorvolare sugli aspetti più torbidi e controversi legati alla fine dello stilista. E mette in luce soprattutto come Gianni abbia attinto alla pittura, all’arte, alla musica per delineare il profilo di una figura femminile nuova, potente, sexi e padrona di sé: di questo Carla Bruni lo ringrazia a nome di tutte le donne.Si torna al documentario puro con Paolo Conte alla Scala. Il Maestro è nell’anima ( FUORI CONCORSO), diretto da Giorgio Testi: la ripresa dell’evento milanese realizzato a febbraio di quest’anno da un’idea della cantante e produttrice Caterina Caselli e che arriverà nelle sale italiane il 4-5-6 dicembre. Salito sul palco con i valenti orchestrali, il cantautore astigiano esordisce con l’affermazione: ”Tutte le arti vogliono essere musica”, che sancisce il primato del suo mestiere. Espressione sorniona, voce roca, l’artista dal fascino ruvido e sfuggente snocciola canzoni vecchie e nuove: testi che trasudano sensualità e malinconia, sound unico e riconoscibile. Il racconto di sè rivela un perfezionista incontentabile, soprattutto dei dischi “che dovrebbero fissare la migliore prova, ma che non lo è mai”. Il successo? Soddisfazione, senza dubbio, ma ogni volta prevale la sorpresa. Dalla “verde milonga” alle atmosfere francesi, dai virtuosismi degli archi al pianto delle fisarmoniche, le canzoni del Maestro partono sempre dalla musica ” che ha movenze sue, che devono essere rispettate”. Da lì il gioco della fantasia muove le parole, inventa protagonisti e paesaggi: Conte si ritiene uno dei pochi “paesaggisti”, per i luoghi creati nei brani, resi nei colori nelle forme e nelle “etnie”, ossia i diversi tipi umani. Verso la fine del concerto, per nulla intimorito dall’esibizione nel tempio della lirica e del balletto, attacca “It’s Wonderful”. Lo accompagna il pubblico in festa. Sipario.
Anna Scotton
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