I contesti geografici in cui i film sono ambientati fanno riferimento a condizioni emotive diverse, offrendo spunti di suggestivo confronto. Spazio urbano e tempi adrenalinici caratterizzano la commedia godibile Un anno difficile (FUORI CONCORSO) della coppia di registi francesi Nakache-Toledano. Due irregolari, indebitati fino ai capelli per la dipendenza da acquisti compulsivi, incappano in un gruppo di giovani attivisti, sostenitori dell’anticonsumismo e della difesa dell’ambiente. Si uniscono alle loro iniziative solo per godere di solidarietà umana e sostegno pratico alla sopravvivenza, ma il rischio di essere smascherati è dietro l’angolo. Lo sguardo dei registi di Quasi amici sulle folle impazzite per i Black Friday e gli eco-indifferenti è bonario ma realistico e nel film spunti per una riflessione autentica sui mali di questo tempo non mancano. La pianura danese è, invece, lo scenario del lungometraggio The quiet migration (FUORI CONCORSO), realizzato con il sostegno del TorinoFilmLab dalla regista Malene Choi. Gli ampi spazi rurali poco abitati e silenziosi ben riflettono la solitudine interiore di un adolescente di origine coreana adottato, turbato da episodi di intolleranza nei confronti degli stranieri da parte di persone del posto e dalla condanna rappresentata dal lavoro nella fattoria. Essenziale e rigoroso nella forma, il film riesce comunque a coinvolgere nella crisi identitaria del protagonista e nella sua progressiva presa di coscienza di una realtà da cui si scopre avulso come il meteorite che piomba all’improvviso nei campi.
Se la famiglia di agricoltori scandinavi rappresenta comunque un appiglio affettivo, i protagonisti di Grace (CONCORSO LUNGOMETRAGGI) opera prima di Ilya Povolotsky sono assolutamente disancorati da ogni significativo legame sociale. Padre e figlia sono in viaggio verso il mare su un camper sgangherato: attraversano lande desolate, non raggiunte da internet, dove raccattano quattro soldi allestendo spettacoli cinematografici all’aperto. La ragazzina, inoltre, riprende con la Polaroid le prostitute nei loro incontri per vendere ai camionisti gli scatti rubati. Il film, che si avvale di una giovane interprete in stato di grazia, è perturbante in quanto risulta quasi impossibile non collegare queste immagini di squallore e degrado al Paese avvilito e depresso che Putin ha trascinato nel baratro della guerra con l’Ucraina.
Anna SCOTTON
annas@vicini.to.it
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