Sono giornalista dal 1981 ed un tempo mi era impossibile passare una giornata senza ascoltare più di un notiziario radiofonico, almeno due telegiornali e leggere (molto velocemente) tre o quattro quotidiani. Poi, in tutti questi anni, mi è successo qualcosa. Sicuramente la RETE ha coperto molte fonti informative che prima frequentavo.
Ma il problema non è la rete, ma la percezione che ora ho delle notizie: sovraccariche di ripetizioni, ridondanti, con un grado di verifica delle fonti tendente allo zero e, peggior cosa di tutte, piene di “retroscena”.
Si i retroscena sono quanto di più godibile e verosimile che il mondo dell’informazione si è inventato. Scrivo verosimile perché, in linea di massima, è pura fiction partorita dalla capacità narrativa del collega giornalista. Mi spiego meglio.
Mediamente sono costruiti così:
- il tizio tale entra nel portone X di via Margutta all’ora Z
- il tizio altro entra nello stesso portone di via Margutta all’ora z, più o meno
Il retroscena è “: “ altro e tale si son parlati con animosità discutendo delle difficoltà interne al partito vista la prevaricazione della minoranza esternata negli ultimi giorni da talaltro sui media. Sicuramente l’accordo è (…) quello che porterà allo scontro ed alla sconfitta di talaltro anche se altro e tale all’uscita del portone di via Margutta non hanno rilasciato dichiarazioni.”
Le uniche due cose certe sono l’ingresso e l’uscita dal quel portone.
Certo non tutti i retroscena sono costruiti in questo modo fantasioso, ma sicuramente la tecnica dell’interpolazione delle poche cose che si conoscono è largamente diffusa e perniciosa.
Ambito privilegiato di questo uso è quello politico, tanto che ascoltare le trasmissioni politiche o leggere di politica mi è quasi diventato doloroso per la sua inutilità.
Eppure senza i retroscena non ci sarebbe phatos e gusto della lettura…. Così dicono.
Però una volta si chiamavano pettegolezzi.
Sto invecchiando, già!
franco
direttore@vicni.to.it
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