Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Maria Defilippi e Luciana Littizzetto. Show al Salone del libro

14,30 del 18 maggio, ci impongono di sgomberare la sala (Sala Gialla, 600 posti), per ragioni di sicurezza, prima dell’ingresso della nuova conferenza. Resistiamo inchiodandoci alle poltrone che neanche i politici di lungo corso, e nascondendoci dietro un gruppo di invitati, come tali inamovibili.

Arriva da sola la Littizzetto che saluta il gruppo degli invitati di cui, scopriremo poi, fanno parte la madre e la figlia. Lei, come la immaginavamo, alta 1,50 + 20 cm di zeppa. Asciutta e “puntuta”, secondo la definizione della Defilippi.

L’autrice presenta il suo “La bella addormentata in quel posto”: ci spiegano severamente che è (severamente) vietato fotografare. Per fortuna nessuno ci ha vietato di registrare.

“Avete visto come è figa? Non sembra neanche che abbia 60 anni” Maria (così la chiamano tutti) è un tipo sportivo, persino atletico, ma incassa.

“Ma siamo qui per parlare del tuo libro”

“Allora parla pure se no Mondadori si agita”

Apre la Defilippi ed inizia il teatrino: con la sua voce graffiante diventa “spalla” ideale:

“Sentite l’empatia?” dice Luciana  ”sembra l’infermiera del centro Analisi: Littizzetto! Entri prego”

Maria Defilippi porta il discorso su come la scrittura della Littizzetto sia legata anche alla sua personale fisicità, a come si propone di fronte al pubblico.3dnn9_2c_pic_9788804672524-la-bella-addormentata-in-quel-posto_original

“Hai mai visto la D’Urso sdraiata’?”

“Eh con le gambe aperte” non resiste Lucianina. Pane per i suoi denti.

“Ah, sei stata invitata al suo compleanno?” continua

“Io no”

“Neanche io. Come mai? Chiediamoglielo col linguaggio dei segni” si rivolge all’interprete che si sta sbracciando nel suo racconto a gesti “Perché-non-ci-hai-invitato, –m…chia?” L’interprete, sorpresa ma professionale, non si scompone e traccia un’ampia V scendendo con le mani verso il basso. Un boato.

La Defilippi tende a sottolineare che non si tratta solo di modi, toni, postura, ma del fatto che la comicità della Littizzetto trae spunto dalle cose che vediamo tutti i giorni.

“Leggendo questo libro ho capito perché rido: perché mi ha fatto sentire meno idiota di quanto pensavo. Qualcuno che la pensa come me” sul ridicolo di certe situazioni. “Condivisione della demenza” commenta Luciana.

Maria legge un brano che si rifà ai rischi della domotica.

In hotel “un lavandino grosso come una piscina olimpionica, con un bordo d 1cm e mezzo. Mi spieghi, caro architetto mio, dove posso appoggiare sapone, spazzolino e dentifricio? Me lo tengo sotto un braccio mentre mi lavo le ascelle? Lo appoggio dentro al bidet? Peccato che con la fotocellula parte l’acqua del rubinetto che riempie tutto. Già, perché non c’è più un rubinetto che si apre normalmente; hotel, ristoranti ma anche autogrill. Parte la danza dei 7 veli, ti sembra di essere Giovanni di Aldo, Giovanni e Giacomo, quando facevano i Bulgari.

E non ce n’è uno uguale all’altro: quello col pedale, quello che devi schiacciare la frizione, quello che devi mettere le mani sotto il getto, quello che le devi mettere sopra, quello che le devi mettere scrollando i fianchi come Shakira…quello che spara una cascata tutto d’un colpo…”

Maria conduce il dialogo: altra cosa su cui si sente in sintonia è la particolare interpretazione della pubblicità.

Scatta la riflessione della Littizzetto: ”quando guardi la pubblicità, il maschio italiano ti appare cretino a livello sociologico.” Esempio.

“Lui si presenta con un mazzo di fiori, pronto a fare una bella sorpresa alla moglie, e subito scoppia il dramma. Si vede una scarpa sul pavimento, poi un reggiseno incastrato alla ringhiera. Sale le scale con la furia di una Erinni, apre la porta della camera e chi trova? La moglie. Un classico. Lei si copre con un lenzuolo con l’aria languida di chi ha fatto del gran chupa e del gran dance.

Il marito a quel punto realizza di essere molto cornuto. E chi esce dal bagno? Brad Pitt? Luca Argentero, il rappresentante del Folletto? No. Un koala. Quello che mangia le foglie di Eucalipto, che in Australia rischia l’estinzione, in Italia chupa con la moglie degli altri? Guarda il marito con l’aria di dire, mi spiace, non ho potuto resistere. Stacco sulla zampa del koala, chewing gum blu come il Viagra, un brontolio di vittoria.” Lunga pausa. “Ma da quando in qua noi donne ci facciamo i koala? “Dopo 20 anni con lo stesso “cataplasma, lo stesso mobile di arte povera” una potrebbe anche aver voglia di cambiare, ma con una pelosa controfigura di Danny De Vito? E poi, “Quando i nostri uomini tradiscono vanno allo zoo? Quando pensano a una maiala, pensano a Peppa Pig?”

C’è però anche spazio per i temi seri. Littizzetto, pensando alle zone colpite da terremoto, ricorda la sua angoscia quando le capita di sognare di non trovare più la sua casa. Si rammarica che non ci sia più la RAI a Torino: bisognerebbe fare qualcosa per farla tornare. Ma lei non ne è capace: “sono brava a distruggere”. Forse Maria potrebbe fare qualcosa.

A proposito: Maria chiede se ci sia la mamma di Luciana in sala. E’ lì in prima fila. Lei scende veloce e va ad abbracciarla. La mamma ritorna al suo posto, commossa. “Vedi tu hai questo effetto sulle persone” dice Luciana. “Dovresti fare un contratto con la Kleenex”.

Sollecitata, Maria racconta come le è venuta l’idea di “C’è posta per te”. Era stata invitata al Ministero dell’Istruzione per un progetto di trasmissione per le scuole. Davanti all’edificio alcuni studenti si erano incatenati per poter ottenere un colloquio. Uno di loro approfitta dell’incontro e consegna la lettera perché venga recapitata al Ministro. Maria ci tiene a far notare che le sue intuizioni nascono da momenti di vita reale. Dunque, perché non utilizzare la posta per far arrivare un messaggio che altrimenti rimarrebbe oscurato? “Ce l’avevi la bicicletta?”.

Ma a questo punto il dialogo si è trasformato in un’intervista alla Defilippi-manager tv. Littizzetto glielo fa notare. Maria, che non è un soggetto facilmente intervistabile, “lo so” risponde asciutta. Se vogliamo, un po’ un regalo al pubblico.

Si torna sulle gag ispirate dalla pubblicità: Stefano Accorsi che attraversa “un bosco in fiamme, ettari di macchia mediterranea” perché è troppo concentrato sulla guida di quella magìa di auto. “Ma se gli uomini, quando trovano una cacca di piccione sul parabrezza la puliscono con la lingua per paura di rigarlo!”: sul Proctamol acquistato e servito direttamente dalla moglie.

Mamma e figlia, (nonna e nipote) hanno seguito la rappresentazione con le lacrime agli occhi, ma per le risate. Approfittiamo vilmente dalla nostra posizione privilegiata per chiedere loro: ma avere per casa una così, è un problema? No, assicurano ridendo. Quindi è stata una brava figlia, andava bene a scuola e tutto il resto? Siamo rassicurati.

Gianpaolo Nardi

gianpaolon@vicini.to.it

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