Lara è una ragazza imprigionata nel corpo di Victor, all’anagrafe un maschio sedicenne. La giovane frequenta una prestigiosa accademia di danza: infatti aspira a diventare ballerina classica e si allena con fatica e tenacia estreme, in attesa dell’intervento chirurgico che completerà il suo percorso di transizione da maschio a femmina.
Il film è la vivida e struggente rappresentazione del calvario che deve affrontare chi ha il corpo che non corrisponde all’ anima: lo spettatore sente sulla propria pelle i disagi vissuti dall’adolescente nel fronteggiare la curiosità e il giudizio degli altri, l’impossibilità di riconoscersi in una virilità che nega fino a celare, infliggendosi la sofferenza prodotta dal nastro adesivo applicato e levato ogni giorno fino a sanguinare.
L’innocenza dello sguardo e delle movenze di Lara spiegano meglio di qualunque trattato scientifico l’innaturalità di una condizione che esiste da sempre, ma che la chirurgia recente consente di correggere. Solo che i tempi dei trattamenti ormonali e della preparazione del fisico sono troppo lunghi per l’impazienza della ragazza, la cui pena di vivere – occultata dietro un irreprensibile sorriso – a mano a mano diventa intollerabile. Nonostante un padre attento e amorevole, nonostante una famiglia aperta e accogliente, nonostante uno staff di specialisti scrupolosi, la ragazza porterà fino in fondo la determinazione feroce con cui ha operato sul suo corpo i cambiamenti a lei possibili.
Presentato al Festival di Cannes 2018 nella sezione ‘Un Certain Regard’, il film è l’opera prima del ventiseienne regista belga Lukas Dhont: sorprende la sua perizia nel dirigere la macchina da presa che non abbandona mai il volto e accarezza ogni movimento di Lara, interpretata dal giovane e magnifico attore-ballerino Victor Polster, al suo esordio cinematografico.
Ispirato a una storia vera, quella di una transgender, Nora, di cui Dhont aveva letto sul giornali e diventata successivamente sua amica, Girl non è un film “sul” cambiamento di sesso ma sulla definizione di sé, negli aspetti più diversi e profondi.
A Cannes il film ha rastrellato ben quattro premi:
Caméra d’Or come migliore opera prima, miglior attore della sezione Un Certain Regard, Fipresci della critica internazionale, Queer Palme e rappresenterà – meritatamente – il Belgio agli Oscar 2019. Da vedere.
Con Victor Polster, Arieh Worthalter, Katelijne Damen, Oliver Bodart.
Anna Scotton
annas@vicini.to.it
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