Il Torino Jazz festival che si è concluso venerdì 1° maggio ha portato sul palco di Piazza Castello un’accoppiata apparentemente arbitraria ma dall’esito sorprendente. Due gruppi musicali, l’Officina Zoè, parte di quel movimento di riscoperta della più antica e travolgente forma di ritmo popolare che è la Pizzica-Pizzica, e Baba Sissoko, originario del Mali, discendente da una grande famiglia di griots, figure erranti che detengono e tramandano il sapere, la tradizione, la storia e la cultura locali, si sono esibiti in un incontro originale e coinvolgente dal titolo Taranta Nera in cui la pizzica tarantata salentina si unisce ai ritmi dell’Africa Occidentale. La taranta, o meglio, come informano i suoi cultori, la pizzica pizzica, non era solo la danza dei momenti di festa e di convivialità sociale, ma veniva praticata durante rituali …terapeutici, con lo scopo di “esorcizzare” le donne tarantate e guarirle, attraverso il ballo che questa music frenetica scatenava. La tradizione musicale africana interpretata da Baba Sissoko è quella dei Griot, nata e sviluppata in contesti storici privi di scrittura in cui il griot stesso era il depositario della tradizione orale, colui che conosce la storia e la cultura del suo popolo sin dal suo inizio. Cultura che gli conferisce un potere quasi soprannaturale, un’immagine quasi magica, e che ha il compito di diffondere, un po’come i trovatori medievali, utilizzando la musica come veicolo e contesto della narrazione E’ su questo piano di ritualità, magia, trance, che si incrociano i ritmi salentini ed africani, ed il risultato è una specie di euforia collettiva in cui oscillare scandendo il tempo di tamburi e tamburelli diventa compulsivo. Risultato dell’operazione taranta+nera? Ben più che una semplice somma.
Gianpaolo Nardi
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