Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Giuliano Pannuti: il mestiere dello scenografo

Chi ama il cinema riconosce il contributo della scenografia alla riuscita di un film. Lo sa bene Giuliano Pannuti, nato ad Ivrea, classe ’73, che, uscito dall‘Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, superò d’un balzo il concorso per entrare nella prestigiosa Scuola Nazionale di Cinema a Roma.

Pannuti si ritiene fortunato, in realtà è da un innegabile talento che originano i suoi allestimenti per registi famosi quali Pupi Avati (Il cuore grande delle ragazzeIl signor diavolo), Mimmo Calopresti (Aspromonte- La terra degli ultimi), Carlo Verdone (Benedetta Follia, Si vive una volta sola) a citare solo i lavori più recenti. Decine di film di successo, un curriculum straordinario realizzato in una manciata di anni.

Pannuti, quando nasce la passione per la scenografia?

Giuliano Pannuti

Già da piccolo disegnavo, costruivo: mia madre dice che non amavo i giochi normali, ma con carta, cartoncino e pezzi di legno creavo spazi e mondi immaginari.

Quali sono le sue fonti d’ispirazione? E’ stata determinante l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino?

Dopo aver frequentato l’istituto per geometri ho compreso che il disegno tecnico non mi bastava, e ho scoperto la passione per l’arte. In questo si è rivelata determinante l’Accademia di Torino: è stata la chiave di volta per decidere il mio futuro. Tra l’altro quando l’ho frequentata io era un’isola felice: pochi iscritti ai corsi, dove si era molto seguiti. Così ho potuto coltivare il disegno e le abilità che mi hanno consentito di affrontare il concorso per entrare al Centro Sperimentale di Roma, e di vincerlo.

Quali sono stati i suoi inizi? C’è un regista a cui è particolarmente legato nella sua professione?

Nei primi incarichi ho affiancato altri scenografi come Enrico Job, Andrea Crisanti; poi ho avuto l’opportunità di firmare i primi lavori, e ho iniziato una collaborazione con Pupi Avati, che continua tuttora. Con Pupi è stato amore a prima vista, ho cominciato come assistente, poi lui stesso mi ha proposto di curare per intero le scenografie di un suo film: ha scommesso su di me, allora ero giovane e quindi cominciare con un autore di quel calibro è stato determinante. Lui ed io ci capiamo senza troppe parole, mi offre progetti stimolanti, “bei mondi” da progettare. C’è da dire che molto dell’immaginario di Pupi Avati mi è familiare: l’ambiente contadino che lui mette in scena è quello della mia infanzia, del Canavese valligiano da cui provengo e in cui ho vissuto fino a 23 anni, la Valchiusella conosciuta attraverso i racconti dei miei nonni.
Ho realizzato anche diversi film con Carlo Verdone, tra cui l’ultimo, Si vive una volta sola, in uscita in questi giorni. Sebbene il mondo di Carlo sia il mondo della commedia, anche con lui ho realizzato delle belle ricostruzioni: Verdone ama molto girare in teatro, e per uno scenografo dar vita a certi ambienti in teatro è il massimo, ritrovo il mio “giocattolo”, torno ad essere il bambino con la scatola, le forbici, il cartone: quanto di meglio mi possa capitare! E poi Verdone è una persona di spessore, è stato un bell’incontro. Sono stato fortunato.

Io direi piuttosto molto capace. Quali altri registi ammira?
Mi piace lo sguardo cinematografico di Guadagnino, di Sorrentino, di Crialese. Guadagnino è anche molto attento a quanto riguarda l’immagine, la scenografia, ha grande gusto. Lavorare con Guadagnino sarebbe una bella occasione.

Il film più difficile che ha realizzato? Per quali ragioni?
Ogni film può presentare incognite realizzative. Paradossalmente possono risultare più complessi i cinepanettoni: certe carambole o scene di movimento o di crollo si rivelano molto impegnative, contrariamente a quanto si possa immaginare.

Che differenza c’è a operare in una città come Torino rispetto ad altre location?

Momento riprese “Palazzo di Giustizia!

Torino, anche grazie alla presenza della Film Commission Torino Piemonte, è una realtà nella quale si lavora molto bene; a Torino l’anno scorso ho realizzato le scenografie del film della regista Chiara Bellosi, Palazzo di Giustizia, in concorso al Festival di Berlino, e ho trovato figure professionali – dalle maestranze agli arredatori – con competenze elevate, è una città in cui sanno cos’è il cinema.

Com’è cambiato il ruolo dello scenografo con le nuove tecnologie?
Il digitale è un buon alleato in quanto molti passaggi realizzativi si possono risolvere tramite gli effetti digitali. Si continua a partire da un bozzetto, da un’idea elaborata insieme con il regista, dopodiché è solo un modo diverso di operare: prima, ad esempio, si costruiva fino ad altezza pari a 20m, ora si arriva fino a 4 m e tutto il resto si realizza col computer. Quindi  non è mortificante per lo scenografo l’utilizzo delle tecnologie, anzi queste ultime costituiscono un modo per avere più possibilità di inventiva e di fantasia, consentendo di trovare soluzioni fino a 20-30 anni fa impensabili.

E’ in uscita il film di Verdone. I suoi prossimi progetti?
Sto per iniziare una commedia per la regia di Volfango De Biasi, Una famiglia mostruosa, una sorta di famiglia Addams italiana, che abita in un vecchio maniero. Tra alcuni mesi comincerò a lavorare al prossimo film di Pupi Avati che sarà girato tra Roma e l’Emilia Romagna.

Un incontro felice, in Giuliano Pannuti, di talento, passione, creatività, e modestia, altrettanto autentica e preziosa.

Anna Scotton

annas@vicini.to.it

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