All’insegna del claim che esorta “è tempo di cambiare”, la 24^ edizione di Festival CinemAmbiente si è aperta, come tradizione, con il punto di Luca Mercalli. A chi si compiace del tepore di inizio autunno, il metereologo più famoso d’Italia avverte che questo non è affatto un buon segno. E’ la coda dell’estate che abbiamo attraversato, tra le più roventi degli ultimi 200 anni, in cui i +48.8°c registrati ad agosto a Siracusa hanno fatto battere il record storico europeo di sempre, mentre abbiamo perso un altro metro e 30 di nevi perenni sui ghiacciai. Insomma: l‘emergenza ambientale non si arresta, e Cinemambiente è il megafono migliore per segnalarla.
Si parte con il film di apertura del Concorso documentari, che raccoglie 10 titoli selezionati tra la migliore produzione internazionale: Animal del regista francese Cyril Dion, presentato all’ultimo festival di Cannes, affronta il tema dei cambiamenti climatici insieme all’emergenza del collasso della biodiversità. I protagonisti, due giovani attivisti, i sedicenni Bella e Vipulan, presenti in sala, hanno viaggiato ai quattro angoli della Terra per interrogare studiosi ed esperti sul rapporto uomo-natura: la conclusione è che l’essere umano non può svolgere il suo compito di “custode delle specie viventi” se non si sente parte di esse e coinvolto nei loro destini. Ha colpito la determinazione, in particolare di Bella Lack – ambientalista impegnata nella Ivory Alliance, un gruppo di “influencer” e politici che lottano contro il commercio illegale di animali selvatici – insieme alla sua coerenza e consapevolezza che infondono speranza nel futuro. Il film sarà programmato nei cinema francesi e facciamo il tifo affinchè che qualche esercente coraggioso lo proponga anche in Italia.
Da segnalare inoltre, passato nella seconda giornata, il documentario Intrecci etici, di Lorenzo Malavolta e Lucia Mauri, due giovani registi che raccontano storie odierne di scelte di lavoro alternative e sostenibili nel mondo dell’abbigliamento. La moda è una delle industrie più inquinanti al mondo ed è un problema che riguarda noi consumatori, che dovremmo dare valore alla qualità e alla durata dei tessuti, utilizzare per più tempo i capi che indossiamo e sostenere filiere di produzione etica e consapevole.
Al settore della moda si attribuisce il 20% dello spreco globale di acqua, il 10% delle emissioni di anidride carbonica: si pensi, inoltre, che l’85% dei vestiti prodotti finisce in discarica e solo l’1% viene davvero riciclato. Inoltre dietro ai prezzi bassi del fast fashion, si nascondono salari non equi e la mancanza di regolamentazioni a tutela dei lavoratori, anche minori, in specie nei paesi del Sud del Mondo.
La piattaforma Infinity, all’interno dell’Infinity LAB di Mediaset, un’iniziativa a supporto di giovani registi e filmmaker indipendenti, ha investito in questo progetto co-finanziando il documentario; a questo contributo si è aggiunta una raccolta tramite crowdfunding per coprire interamente i costi di realizzazione.
Il destino che ci si augura per il filmato è un’ampia diffusione, soprattutto nelle scuole, per sensibilizzare, informare e educare le nuove generazioni.
Anna Scotton
annas@vicini.to.it
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