“Di quello che indossiamo non sappiamo niente”. L’industria della moda è una delle più inquinanti al mondo. Lo spiega il regista e sceneggiatore Tommaso Santi con un docufilm che collega questa verità all’antica tradizione pratese del riutilizzo dei tessuti, svolto a mano dai ‘cenciaioli’. Stracci, presentato a CinemAmbiente, fa parte di un progetto lanciato da Toscana Film Commission nell’ambito del programma Sensi Contemporanei Toscana per il Cinema, sulla sostenibilità della Moda.
Nella città toscana gli abiti usati si chiamano stracci e da più di un secolo in quel distretto industriale gli stracci tornano fibra. Il riciclo è reso difficile spesso dal fatto che i capi di abbigliamento sono realizzati con un mix di materiali: innanzitutto alla base c’è il lavoro essenziale dei cenciaioli che riconoscono le fibre e separano i colori; gli stracci vengono puliti dalle impurità, inviati a macchine che ne tolgono le fibre vegetali e alla cardatura. Poi finiscono nel lavaggio, dove sono spinti dalla corrente d’acqua attraverso cilindri con denti d’acciaio che sfibrano il prodotto. Infine la fibra viene asciugata e riportata alla sua natura. La qualità dell’esperienza pratese si realizza quindi nella rigenerazione della lana e delle altre fibre animali, arrivando nuovamente al tessuto finito senza perdita di valore.
La lana rigenerata, meccanica, ha un impatto ambientale notevolmente ridotto: si è calcolato che porti al risparmio del 77% di energia, del 90% di acqua, del 90% di prodotti chimici e del 95% di Co2 rispetto alle lane d’allevamento. Per questo motivo anche i brand dell’alta moda stanno scoprendo il valore dei tessuti da riciclo, inserendoli nelle loro collezioni e facendosene vanto.
Il film di Santi ha il merito di suggerire una riflessione sul consumismo indotto dal fast fashion e sul fatto che il recupero di ciò che andrebbe scartato contiene i valori di circolarità e sostenibilità, creando comunque ricchezza.
Nazione: Italia Anno: 2021 Durata: 52’
Anna Scotton
annas@vicini.to.it
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