Ogni punto di partenza ha bisogno di un ritorno. Per riconciliarsi con il mondo, dopo una storia d’amore finita, Adelaide torna nel paese in cui è nata, un pugno di case in pietra tra le montagne della Val Germanasca: una terra resistente dove si parla una lingua antica e poetica. È lì per rifugiarsi nei ricordi della sua infanzia, negli odori familiari del bosco, dipanare le matasse dei giorni e ricucirsi alla sua terra: ‘fare la muta al cuore’, come scrive nelle lettere al figlio. Ad aspettarla – insieme a una bufera di neve – c’è Nanà, ultima custode di casa, novant’anni portati con tenacia. Levì, l’altro anziano che ancora vive lassù, è stato ricoverato in clinica dopo una brutta caduta.
Isolate dal mondo per quattordici giorni, nel solo spazio di quel piccolo orizzonte, le due donne si prendono cura l’una dell’altra. Mentre Adelaide si adopera per essere utile a Nanà e riportare a casa Levì, l’anziana si confida senza riserva, permettendole di entrare nelle case vuote da tempo, e consegnandole la chiave di una stanza intima e segreta che trabocca di scatole, libri ricuciti, contenitori e valigie, in cui la donna ha stipato i ricordi di molte vite, tra uomini, fiori, alberi e animali, acqua e tempo. Una biblioteca di esistenze, di linguaggi, gesti e voci, dove ogni personaggio è sentimento, un modo di amare.
Fotografie, lettere, oggetti che sanno raccontare e cantare il tempo: di guerra e povertà, amori coltivati in silenzio, regole e speranza, fatica e fantasia.
Una scrittura delicata quella dell’autrice, un racconto corale che ci fa riscoprire la bellezza di un mondo dimenticato, gli odori che il progresso ha cancellato, ci fa comprendere l’importanza delle piccole cose, l’importanza dei ricordi, di quello che continuano a darci.
Pagina dopo pagina si legge pura poesia, ci si immerge completamente nei ricordi di Nanà e così anche nei nostri: dalle pagine del libro si sprigionano i profumi della legna che arde nella stufa , del minestrone che cuoce , del bosco e della terra, persino della neve, dell’aria tersa .
La scrittura dell’autrice, intensa e profonda, arriva dritta al cuore e regala dei brividi particolari per le ricche emozioni che provoca. La storia è raccontata splendidamente: ci cattura la curiosità di Adelaide nel ripercorrere la storia intima di queste donne che hanno popolato la sua infanzia.
Questo romanzo è un’oasi di pace in cui rifugiarsi, una favola reale in cui immergersi per riconnettersi con la nostra natura umana, per nutrirsi di sensazioni dimenticate e riscoprire la nostra capacità di guardare gli altri con occhi diversi.
Ci parla della cura che si deve avere per chi ci restituisce la memoria del passato, per chi custodisce i preziosi ricordi che fanno la nostra storia; ci parla dei legami indissolubili che legano persone che hanno condiviso il poco, la fatica, le avversità tenendosi vicine.
Ci racconta di sentimenti e coraggio che si stanno perdendo, di una vita semplice ma profonda fatta di poche parole ma di tanto cuore.
E lo fa con una scrittura potente, ma delicata al tempo stesso, creando immagini nitide, che ogni lettore può ricondurre al proprio mondo, in quanto sono immagini dell’anima. Nelle pagine di questa perla letteraria si rivivono ricordi di altre montagne, i loro paesini, e ci si ritrova nei ricordi delle cose semplici, nelle scatole di latta piene di vite di persone care, come quelle che Nanà offre ad Adelaide.
I ricordi di quelle case dove, quando entravi, venivi avvolto dal profumo del legno, della cenere del camino; ricordi che sono vividi nella memoria, come il ricordo di quelle mani callose che, quando le stringevi per un saluto affettuoso, capivi cos’è la vita di un montanaro, del lavoro nei campi, nelle stalle, nelle malghe e, nello stesso tempo, della semplicità.
“Mi ha raggiunta la bufera. L’automobile ha arrancato nel tornante, dove un pino si è abbattuto per metà e ora penzola ad angolo acuto, appesantito dalla neve. Dal parcheggio si vede appena il profilo delle prime case, il resto del paesaggio è nella cappa. Due passi ed è tormenta fin sulle labbra. La cucina di Nanà è illuminata, ma preferisco scendere a scaricare lo zaino prima che faccia buio.
Sputa raffiche, questa bocca di brina gelata: attraversano i vestiti come farebbe un dardo e le ho sentite fin sulla pelle della schiena. Il viottolo è quasi impraticabile. Devo aggrapparmi alle balaustre e agli angoli delle case per non scivolare sul ghiaccio che sta sotto la neve fresca. Mio padre si sarebbe messo a ridere nel vedermi così goffa.
C’è un silenzio integrale, nemmeno il gocciolare di una grondaia, che qui son tutte malconce e perdono come rubi netti.
Nulla, solo il vapore del fiato che mi precede di mezzo passo…”
Valeria Tron è una musicista, scrittrice di poesie, disegnatrice, lavoratrice del legno, un’artista a tutto tondo . L’equilibrio delle lucciole è il suo primo romanzo.
L’equilibrio delle lucciole è edito da Salani
Maria Cristina Bozzo
cristinab@vicini.to.it
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