Vittorio Zumaglino (Torino 1904 –1967), noto anche come Zuma, è stato giornalista del quotidiano “La Stampa” e fotografo: realizzò reportage del Giro d’Italia e del Tour de France, raccontò i cambiamenti di Torino tra gli anni ’30 e ’50, riprendendo cantieri, stabilimenti, macchine, uomini e donne al lavoro. Passò successivamente al cinema come produttore per la Taurus, fino al 1956. Il suo archivio, costituito da 28000 fotografie, è stato donato nel 1992 dalla figlia Piera al Museo del Cinema e sta tornando alla luce. L’esposizione alla Mole, “Torino la città al lavoro”, curata da Roberta Basano ed Elena Boux, presenta – dal 14 aprile -al 26 giugno 2023 – 25 scatti in bianco e nero: il primo passo verso la valorizzazione dell’opera di uno dei più importanti fotografi italiani della prima metà del ‘900 a cui seguirà la pubblicazione di un catalogo e un’installazione all’interno del museo. Maria Vittoria Zumaglino, la nipote, è grata del riconoscimento di uno degli autori che contribuirono, a cavallo tra le due guerre “a far entrare la fotografia nella modernità” .
Come è arrivata la raccolta di suo nonno al Museo del Cinema?
Si trattava dell’archivio famigliare, sommerso per decenni, costituito da 28000 negativi, di vario formato, realizzati tra gli anni 30 alla fine degli anni 50. Piera, la figlia, figura storia del femminismo torinese, fondatrice della Casa delle Donne, scoprendosi gravemente malata dispose di donare la raccolta al Museo del Cinema: questa scelta è frutto della lungimiranza di mia zia, storica e archivista.
Che effetto le fa l’omaggio della Mole?
Sono orgogliosa della scelta di mia zia e oggi sono molto emozionata per motivi che possono facilmente essere intuiti. Si sta scoprendo la storia di un grande archivio, celato dagli anni ‘30 al 92 nell’abitazione di mio nonno. Apprezzo il fatto che queste immagini siano esposte in strada: hanno per soggetto molti lavoratori della strada e le persone inizieranno a conoscerlo da qui.
Vittorio Zumaglino come valutava la sua opera?
Amava riprendere la figura umana, in specie nelle situazioni di lavoro e soggetti dell’ambiente del cinema: erano di casa in via San Tommaso attori e registi. Le immagini degli anni ‘30 lui le liquidava con una sorta di snobismo come “roba vecchia”.
C’è interesse oggi da parte dei giovani per la fotografia?
Io insegno al liceo e rilevo come, tra i 18-19enni, stia tornando “di moda” la fotografia analogica: accorgendosi della migliore qualità delle immagini i ragazzi realizzano foto su pellicola, le fanno stampare e da lì traggono i files per i social.
Anna Scotton
annas@vicini.to.it
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