Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

La Cina degli anni ’80 al Mao

Il preludio dell'oggi negli occhi di Andrea Cavazzuti

“La Cina mi si presentava come uno straordinario bazar di oggetti, scene e comportamenti non omologati tra i nostri cliché culturali”. Andrea Cavazzuti, nato a Carpi (Modena), laureato in Lingua e Letteratura Cinese, fotografo, video maker e regista, all’inizio degli anni ’80 arriva in Cina.  Fra l’81 e l’84  scatta le 70 immagini, in un bianco e nero suggestivo, esposte al MAO, Museo d’Arte Orientale, in via San Domenico 11, dal 9 settembre al 2 ottobre 2022, nella mostra  稍息 Riposo! Cina 1981-84”, a cura di Davide Quadrio, direttore del Mao, e Stefania StafuttiUniversità di Torino e Istituto Confucio UniTo.

Sono rappresentati i  primi anni della rivoluzione economica di Deng Xiaoping, di apertura all’Occidente con speranza e – persino – ingenuità, e stava prendendo avvio la costruzione della  Cina contemporanea: le immagini sono inserite e storicizzate in un percorso punteggiato da alcuni oggetti  della collezione del museo. L’esposizione è rivolta sia alla cittadinanza, sia alla comunità cinese del nostro Paese, come segno di partecipazione  di questa loro memoria.

Lo sguardo dell’artista ha ripreso  aspetti curiosi e la bellezza di soggetti e luoghi nelle sue inquadrature: e alcune di esse le ha commentate volentieri con noi.

Cosa voleva raccontare della Cina con i suoi scatti?

In realtà al mio arrivo mi sentivo più un fotografo che un sinologo, ero interessato a quell’estetica, alla differenza delle architetture… Le fotografie sono piaciute, sono andate in mostra ed è stato realizzato un libro che ha avuto un buon riscontro.  

 

 L’immagine che abbiamo noi della Cina risponde al vero?

Noi ne abbiamo un’immagine distorta: intanto perché i cinesi che  sono arrivati qui sono solo una parte della popolazione e poi perchè contano pregiudizi e stereotipi che molti  hanno sulla Cina e sui cinesi.

Pesa l’immagine di “rampantismo” economico?

E’ gente che lavora tanto. Anche per il nostro interesse sarebbe opportuno cercare di capire i vari aspetti di quella realtà e sviluppare un dialogo, anziché demolirla tout court.

Quali sono i temi trattati nelle sue foto?

C’è una foto che proietta la realtà come i cinesi la immaginavano in quegli anni: una bella casa, una televisione esibita come simbolo di benessere. O scatti che presentano oggetti in uso o passatempi che mi incuriosivano perchè  diversi dai nostri. Oppure ci sono foto che riprendono attività per strada che non ci sono più.

Ha mostrato attenzione anche  al mondo femminile.

Ci sono riprese che riportano alla campagna per il figlio unico,  iniziata da poco, e quindi andavano sensibilizzate particolarmente le donne. Poi ci sono scatti che riprendono il loro desiderio di farsi belle, avvicinandosi a una moda di gusto internazionale nell’abbigliamento, nelle acconciature…

Un’immagine che ritiene particolarmente significativa.

Siamo a Kunming, capoluogo dello Yunnan, nella Cina del sud. Era avviata la politica di controllo delle nascite… c’era un manifesto propagandistico che indicava gli obiettivi demografici  e economici che avrebbero dovuto essere conseguiti nel 2000. Sotto l’indicazione governativa alcuni avevano affisso l’offerta di una serie di attività commerciali: corsi di tai chi, lavori di imbiancatura…era una fase di transizione tra una società statalizzata e l’avvio dell’iniziativa privata.

Quegli obiettivi sono stati raggiunti?

Quello demografico sì, con il contenimento della popolazione. E il Pil anziché raddoppiare è stato addirittura triplicato.

Come prosegue la sua attività?

L’interesse per la Cina è rimasto, quindi continuo a viverci. Dal ‘95 sono passato a fare video, di cui tre sono qui in esposizione (Nati a Pechino ,1995;  Bambini , 2000; The Warehouse, 2018). Realizzo produzioni cinematografiche e televisive, molti dei mei lavori sono reperibili in rete.

Anna Scotton

annas@vicini.to.it

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