Abbiamo bussato e ci avete fatto entrare. Sta tutto in questa frase il senso del film di Pif: lo strapotere e la pervasività della tecnologia si sono insinuati nelle nostre vite a poco a poco e con il nostro consenso. Oggi possiamo aggiungere che non è la presunta dittatura sanitaria dei green pass a minare la nostra privacy, bensì gli indizi infiniti che – attraverso la nostra operatività online e l’esibizione sui social – lasciamo sulla rete e che ci rendono tracciabili, identificabili, preda succosa per le multinazionali del digitale.
In un futuro distopico non troppo lontano Arturo, il protagonista, viene licenziato da un algoritmo che ha lui stesso creato, in quanto risorsa ritenuta non più conveniente per l’azienda. L’unica possibilità professionale che gli si offre è quella di diventare un rider, uno di quei disperati che, in bicicletta, sfrecciano per le città a consegnare per pochi euro i cibi a domicilio. Frustrazione e solitudine sono alleggerite da una app che crea ologrammi umani, dal costo fisso settimanale piuttosto elevato: ma che fare se la compagnia della gentile Stella, la Fuuber friend ideale, diventa irrinunciabile?
Più leggero del Ken Loach di Sorry We Missed You, con la sua denuncia della gig economy, meno alienante del Lei di Spike Jonze, in cui Joaquin Phoenix si innamora della voce femminile di un sistema operativo, il film affronta il dramma con i toni della commedia: dopo la mafia, ora Pier Francesco Diliberto sceglie di denunciare l’economia delle piattaforme e la precarietà nel mercato del lavoro. L’ispirazione arriva dal libro Candido e la tecnologia, concepito dall’imprenditore e scrittore Guido Maria Brera insieme al collettivo I Diavoli, che figura tra i produttori del film: si tratta di un laboratorio di creativi nato sul web, che pratica diverse forme narrative, dalla fiction agli articoli d’inchiesta sulle contraddizioni del nostro tempo.
Curato dal punto di vista visivo, ai colori saturi di molte scene il film contrappone volutamente la cupezza degli impiegati grigio vestiti, robotizzati, indifferenti al destino del collega che sta per essere estromesso: quell’Arturo interpretato da un convincente Fabio De luigi, con il quale lo spettatore stabilisce immedesimazione ed empatia istantanee.
Il titolo è una citazione da Andrea Camilleri e vuole essere una tirata d’orecchi – dal valore politico – alla nostra resa colpevole alle condizioni che la realtà contemporanea ci pone.
Con: Fabio De Luigi, Ilenia Pastorelli, Pif, Valeria Solarino, Maurizio Nichetti
Prossimamente su Sky Cinema Uno, disponibile on demand e in streaming su NOW.
Passato il 26-27/10 nelle sale torinesi
Voto: 8/10
Anna Scotton
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