“A volte la tua gioia è la fonte del tuo sorriso, ma spesso il tuo sorriso può essere la fonte della tua gioia.” (Thich Nhat Hanh)

 

Il libro “La Magia della Luce”

foto Gabriele Mariotti

Se il video è parente stretto dell’ebook (avendo entrambi l’elettronica nel DNA), la pellicola cinematografica e la carta lo sono tra di loro: hanno in comune la materialità, le cose da manipolare con le mani.

Naturale dunque che una mostra come “La Magia della Luce” totalmente dedicata alla settima arte (Torino, biblioteca civica Villa Amoretti fino al 22 aprile 2023) sia sfociata anche nella pubblicazione di un libro cartaceo.

Se si scorre il sommario di questo – che è molto più di un catalogo – si ha una visione mondo della produzione e della fruizione cinematografica che può meravigliare le ultime generazioni che non hanno neppure conosciuto il tubo catodico essendo native-schermi LED.

La luce che arriva da dietro le spalle e si ferma su una superficie bianca, non l’immagine che davanti si compone a piccoli puntini su una specie di lavagna nera; il rumore dei rulli che si scambiano il nastro, non l’impercettibile passaggio dei bit da un circuito all’altro; gli altoparlanti che risentono di improvvise accelerazioni o rallentamenti della macchina da proiezione, non il suono del flusso continuo del segnale audio… Sono questi alcuni degli elementi – tra i più evidenti – che fanno la differenza tra il modo di vedere i film lungo il secolo scorso (fino alle soglie degli Anni Novanta) e oggi. Da queste considerazioni è partito Franco Fratto, giornalista a regista, appassionato del restauro dei proiettori quando ha lanciato l’idea della mostra, non per una inutile nostalgia ma per far percepite le differenze che inevitabilmente distinguono anche i contenuti e la percezione.

I compagni di avventura per la realizzazione de “La Magia della Luce” che il promotore ha incontrati si ritrovano anche nelle pagine del libro che porta lo stesso titolo, ed anzi qui essi riescono ad esprimere con la distensione del racconto scritto e non con la fretta della presentazione orale tutta la loro competenza e la loro passione. In primo luogo Daniele Nannuzzi, direttore di fotografia a partire dall’esperienza ravvicinata con Zeffirelli nelle riprese del “Gesù di Nazareth”.

Nella lettura si ripercorre il tratto iniziale della vita del cinema, documentata anche dalle preziose immagini fotografiche appositamente realizzate per questo libro (che comprendono e superano numericamente i pezzi esposti), e anche la sua rapida ascesa tecnologica e di costume.

La protagonista di questa storia è senza dubbio è la pellicola, un condensato di conoscenze di chimica che l’industria di oggi non riesce a riproporre con la stessa economicità del passato, e che conserva anche dopo decenni dei suoi chilometri di celluloide il tesoro impressionato nei vari strati di colore che oggi il restauro permette di far emergere nel suo splendore.

Testimoni diretti Gabriele Mina e Alessandro Bechis, che hanno ricordato la storia della Ferrania, la Casa italiana che sta alla Kodak come l’Olivetti alla IBM come espressione di genialità e smarrimento della spinta imprenditoriale ma anche come integrazione ideale fra fabbrica e territorio.

Luca Reteuna, giornalista e scrittore, lascia nel libro una pennellata sui primissimi passi, avvenuti a Torino, della produzione cinematografica in Italia: dal cortometraggio di una spedizione degli Alpini al colossal Cabiria, per rimarcare il legame stretto che si formò fra il mondo dei creatori artistici e gli imprenditori che avevano intuito il grande futuro di questa industria. Sia sul fronte della fascinazione del pubblico sia su quello dello sviluppo ingegneristico dei macchinari.

Se il cinema è figlio della fotografia, questa lo ha anche ritratto e lo ha caricato di un valore d fascino ulteriore. Senza gli scatti di importanti professioni del bianco e nero e poi del colore, alcuni protagonisti non avrebbero raggiunto la notorietà che li circondò. E ancora oggi alcuni volti devono alla pubblicazione nelle riviste di quegli scatti il permanere nella storia.

I dietro le quinte delle riprese cinematografiche sono altrettanti cimeli estratti da quel mondo che godono di vita propria per la qualità della ripresa e l’originalità delle pose. Roberto Mutti ne “La Magia delle Luce” ci presenta una approfondita analisi da questo punto di osservazione, al quale fa da sponda la riproduzione poco più avanti di alcune copertine e pagine della rivista di fotografia prodotta per oltre un ventennio dalla stessa Ferrania, oggi consultabile online grazie alla Fondazione 3M che ne ebbe l’eredità.

La sottolineatura dei curatori della mostra (lo stesso Fratto e Marco Galloni, accademico che ha intuito l’importanza di salvare gli strumenti del passato istituendo l’Archivio Scientifico e Tecnologico dell’Università di Torino) è anche dell’uso amatoriale delle macchine del cinema poiché da qui è nato un ampio fenomeno di “cinema di famiglia” e di “cinema di ricerca” che ha coinvolto artisti e registi alle prime esperienze.

Come a Villa Amoretti è possibile toccare con… gli occhi il patrimonio di documentazione sociale e culturale degli Italiani del boom economico del Secondo dopoguerra, l’intervento di Giulio Pedretti di Superottimisti nelle pagine del libro spiega anche l’uso presente e futuro di questo patrimonio.

Nino Genovese, docente di storia del cinema, innesta nel libro un capitolo dedicato alla proiezione dei film nei Cineforum, gloriosa sede di ulteriore maturazione del senso critico e quindi dell’orientamento dei registi oltre che del pubblico. È lì che si torna alle immagini e ai suoni del cinema, alle folle giovanili che vi entravano e rumoreggiavano, ma il racconto di quella realtà non è fatto per rimpiangerla semmai per capire dove oggi si possa trovare il modo di non ridurre un film – quando sia pensato per arrivare all’intelligenza dello spettatore – ad un consumo privatistico, seriale, muto.

A chiudere e a rilanciare gli approfondimenti sul cinema e ciò che ha generato l’ampia bibliografia ragionata proposta da Patrizia Zanelli e da Valeria Calabrese delle Biblioteche civiche torinesi, l’ente che non solo ha dato un luogo alla mostra “La Magia della Luce” ma ne ha potenziato la capacità di dialogo con i vari partner e con la cittadinanza.

Alcuni elementi di quel patrimonio librario sono anche esposti a Villa Amoretti, ma nel libro studenti e appassionati possono facilmente crearsi una mappa per la consultazione e, si auspica, per l’accensione di ulteriori curiosità.

Il libro, Edizioni MILLE, si può prenotare nella sede della mostra oppure ordinare direttamente online QUI

Antonio R. Labanca

Presidente del C.I.C.

cic.associazione@gmail.com

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