I versi di Giambattista Marino ben si addicono all’emozione che deve suscitare il cinema, com’è nella convinzione del direttore della fotografia Daniele Nannuzzi.
Già presidente dell’Associazione Italiana Autori della Fotografia Cinematografica (A.I.C.), tra i suoi lavori ricordiamo El Alamein – La linea del fuoco con cui si è aggiudicato il David di Donatello e il Globo d’oro alla miglior fotografia. Ha conseguito l’Ace Award per Io e il Duce (1985) di Alberto Negrin e una nomination agli Emmy Awards per La primavera di Michelangelo (1990) di Jerry London. Parallelamente Nannuzzi ha affiancato un’intensa attività di regia e illuminazione di balletti e opere teatrali. Impegnato nel restauro in versione 4K del Gesù di Nazareth, ne ha presentate alla Biblioteca civica Villa Amoretti alcune clip in anteprima mondiale, rivelando aneddoti gustosi sulla lavorazione dello storico kolossal di Franco Zeffirelli, in dialogo con Franco Fratto, organizzatore dell’evento.
Quando la fotografia nel cinema diventa interessante?
Negli anni ‘30 c’era il cinema dei telefoni bianchi, nei teatri di posa, e anche la fotografia era patinata, ma secondo me “senza cuore”. Quando Cinecittà chiude per la guerra, si riempie di sfollati, diventa inagibile e il cinema esce dai teatri di posa, la luce diventa vera, nasce il neorealismo. Oggi è il momento del digitale: giocattolo straordinario, ma si tende a entrare con il proiettore in un ambiente con la luce che c’è, e i film visivamente sono tutti uguali, specialmente quelli di genere, come quelli di mafia. Non c’è più il racconto fotografico. Il digitale dovrebbe essere utilizzato per conferire più magia all’immagine, non per risparmiare.
Com’è nata la collaborazione con Zeffirelli?
Ho conosciuto Franco nel 1969 sul set di Fratello sole, sorella luna. Io ero semplice assistente operatore ed è nato subito un bel rapporto. L’ho rincontrato tempo dopo sul set di Gesù di Nazareth, alla fotografia c’era mio padre, che si dovette allontanare per un altro progetto e fu sostituito dal britannico David Watkin, il quale si rifiutò di continuare le scene avviate. ll cast del film era costituito da circa 90 grandi attori, come Laurence Olivier, Anthony Quinn, Rod Steiger, Anne Bancroft…che venivano per un cameo stavano alcuni giorni e andavano via: il girato, quindi non si poteva rifare. A Zeffirelli venne l’idea che avrei potuto continuare io il lavoro di mio padre. Ero aiutato dai suoi disegni straordinari e accurati, infatti Franco nasceva come scenografo. Alla fine del film ebbi una grande soddisfazione perché mi disse: quello che hai girato è come il maiale, non si butta niente!
Il cinema è anche artigianato…
Io sono artigiano nel creare effetti speciali al volo, con soluzioni concrete. Stiamo utilizzando il digitale, adesso, dopo 46 anni, per restaurare il film in 4 k: è molto rovinato e lo stiamo sistemando fotogramma per fotogramma, soprattutto nelle parti a inizio e fine rullo, dove la pellicola è graffiata, sporca. L’originale, in formato piccolo, è affiancato dalla nuova versione, ripulita e rifotografata.
Il film è una grande prova d’attore del protagonista Robert Powell.
L’attore fu segnato da quel ruolo iconico, tanto che per scrollarsi di dosso l’immagine anni dopo accettò il ruolo scabroso dell’amante del filosofo Nietzsche nel film Al di là del bene e del male, di Liliana Cavani. Un aneddoto curioso è che Powell era stato scelto per interpretare il ruolo di Giuda, ma quando Zeffirelli vide il suo provino disse: dove trovo un altro che abbia uno sguardo così penetrante? In realtà lo sguardo che sembra bucare lo schermo dipendeva dalla forte miopia…Grande professionista, ebbe una forte immedesimazione con il personaggio interpretato, stette a dieta per un mese: nella scena della deposizione, girata con condizioni climatiche inclementi, debilitato, ebbe una vera sincope.
Le immagini rivelano lo stile pittorico del regista.
L’arte di Zeffirelli è riconoscibile dal taglio moderno delle inquadrature, dalle scelte autoriali (la Madonna resta giovane come nella Pietà di Michelangelo), dalla cura del dettaglio e nelle costruzioni di scena: il tempio con le colonne diventa la reggia di Erode e il palazzo di Pilato in un gioco d’impronta teatrale di scatole cinesi, preparate accuratamente attraverso i disegni di scena. Tra l‘altro nelle 22 sale del Museo Zeffirelli di Firenze si possono vedere circa 300 opere di 70 anni di lavoro, tra bozzetti di scena, disegni, figurini e costumi, realizzati dal regista. Aveva al suo servizio un grande scenografo come Gianni Quaranta, premio Oscar per Camera con vista, che aveva curato arredi e costumi.
A un certo punto il film ha rischiato di andare a rotoli a causa della Rai.
Il film inizia come una co-produzione italo-inglese, 250 persone di troupe, attori di richiamo; il servizio pubblico entra nel pacchetto con 4 miliardi. Noi abbiamo girato da settembre a Natale tra Marocco e Tunisia: poi ci sono stati dei ritardi nella lavorazione e i funzionari Rai, intimoriti, hanno ceduto il progetto agli inglesi, pur mantenendo il diritto al passaggio televisivo italiano. In realtà la programmazione sulle televisioni internazionali, nei successivi quarantacinque anni, ha prodotto guadagni enormi, di cui ci siamo privati per paura e scarsa lungimiranza….
Il restauro come viene realizzato?
Verrà restaurato il materiale integrale, anche le scene che Zeffirelli aveva tagliato. Tutte le versioni verranno riproposte in un cofanetto, dalla serie televisiva Rai, alla versione cinematografica, ridotta. Con l’ausilio di un software predisposto correggeremo da un punto di vista tecnico anche certi effetti speciali che allora risultavano approssimativi o un po’ ingenui.
Anna SCOTTON (con la collaborazione di Giampaolo Nardi)
annas@vicini.to.it
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