“A volte la tua gioia è la fonte del tuo sorriso, ma spesso il tuo sorriso può essere la fonte della tua gioia.” (Thich Nhat Hanh)

 

Candele spente in un pacato silenzio

#Non solo coronavirus. Sono, queste, settimane in cui predomina un’attenzione quasi esclusivamente rivolta al coronavirus CoVID-19, protagonista imbattuto di ogni notiziario, di ogni talk show, entrato prepotentemente in ogni canale televisivo, superando anche l’ammorbante, a volte stucchevole, abitudine di veder mangiare e cucinare a ogni ora del giorno e della notte, dal video.

Così, ci si dimentica del resto, del mondo che scivola accanto al virus e alla pandemia di cui siamo vittime. Si ascolta il breve accenno alle notizie di reati, dei femminicidi, dei genocidi che avvengono in altre parti del mondo, stralci di notizie destinate alla coda della trasmissione.

Tra le informazioni finite in ombra ci sono anche quelle sulla triste scomparsa di personaggi illustri della cultura, dell’arte e dello spettacolo, a cui non è stato affidato adeguato risalto, assegnando loro un ultimo tributo.

Da quando siamo entrati nell’orbita dell’epidemia tra le meste notizie che arrivano da più lontano abbiamo appreso la scomparsa dello scrittore statunitense Clive Cussler, avvenuta all’età di 88 anni il 24 febbraio scorso. Titano della narrativa, famoso autore di romanzi di avventura, con milioni e milioni di copie vendute in tutto il mondo, Cussler ha saputo coniugare la sua passione per il mare con l’avventura più spericolata, generando un ciclo di storie mozzafiato, alcune delle quali finite sullo schermo cinematografico, come Blitz nell’oceano o Sahara. Una sua esaustiva intervista è rintracciabile sul sito Mangialibri.

Il 1° marzo a Managua è poi mancato Ernesto Cardenal il poeta sacerdote (o sacerdote-poeta per alcuni) dell’America Latina, un mistico con “le radici ben piantate nella terra” com’è stato più volte definito, che ha vissuto in prima linea una delle stagioni più complesse della storia del Nicaragua. Lo ricorda Lucia Capuzzi su Avvenire.

Vittorio Gregotti, 92 anni, vittima del coronavirus, è invece scomparso a Milano il 15 marzo. Tra i più illustri architetti del secondo Novecento, Gregotti aveva conosciuto tutti, o quasi, i più grandi progettisti del Novecento, era amico di importanti nomi della cultura, come Umberto Eco o Luciano Berio. Una delle sue ultime interviste è consultabile al sito del Corriere della Sera.

Il 17 marzo è mancato Eduard Limonov, lo scrittore russo che è stato descritto anche come un controverso personaggio, assumendo notorietà dopo la biografia che gli ha dedicato Emmanuel Carrère, nel 2011. Limonov è stato poeta, scrittore, senzatetto a New York, agitatore politico, galeotto e guerrigliero… una vita intensa, in parte raccontata nell’intervista rilasciata nel 2019, consultabile all’Huffington Post.

Il 21 marzo ci ricorderemo la scomparsa di Gianni Mura, morto a Senigallia all’età di 75 anni. Scrittore e grandissimo giornalista sportivo, viene commemorato con un’intervista rilasciata nel 2013 a Liborio Conca e pubblicata sul Mucchio, ripresa da Minima&Moralia, dove Mura si racconta sin dall’inizio della sua carriera. “Il primo pezzo che mi assegnarono fu un’intervista, due cartelle, a Germano, ala sinistra brasiliana del Milan. Però commisi un errore colossale: lo scrissi per dimostrare quanto ero bravo. Cosa ancora peggiore: lo scrissi come se fossi Brera, utilizzando frasi in dialetto, in tedesco, di tutto. Quando lo consegnai, il direttore Gualtiero Zanetti mi richiamò: “Questo pezzo puoi arrotolarlo e ficcartelo nel culo. Di Brera ne abbiamo già uno, basta e avanza quello vero. E poi ricorda che col tuo pezzo, dopo averlo letto, ci fa il cappello un muratore della Bovisa”. La schiettezza del giornalismo di altri tempi.

Un altro grave lutto ci ha colpito il 22 marzo: a Milano si spegne Alberto Arbasino, che è stato poeta, scrittore, giornalista, critico teatrale. Elegante, compassato, senza sbavature, ha abitato la cultura del Novecento vivendo a stretto contatto con gli scrittori che hanno composto la letteratura del secolo scorso e che ci racconta in un’interessante intervista consultabile al sito di Minima&Moralia.

A Segovia ci ha lasciato Lucia Bosé il 23 marzo. Attrice, musa di Visconti, diva intellettuale dai rilucenti capelli blu, indimenticabile: l’hanno ricordata tutti i giornali, anche Michela Tamburino su La Stampa.

Il 24 marzo segna la grave perdita dell’imperituro Albert Uderzo, fumettista francese, padre di Asterix, dal viso bonario e dal sorriso carico di spontanea simpatia. Figlio di genitori italiani, a un mese dal compiere 93 anni, Uderzo ci lascia un’eredità che ha segnato un traguardo importante nella storia del fumetto. Nel 1959, insieme allo sceneggiatore René Goscinny, Albert Uderzo creò il personaggio di Asterix, a cui seguirono presto Obelix e tutti gli altri Galli. Il racconto del loro primo incontro, della genesi delle loro storie e di quella che è stata una grande, straordinaria amicizia viene raccontata nell’ultima intervista al disegnatore, realizzata da Luca Valtorta per Repubblica.

Un altro lutto francese, ma della cultura internazionale, si affianca a Uderzo nello stesso giorno: ci lascia a Parigi Manu Dibango, grande sassofonista camerunense, vittima del coronavirus, all’età di 86 anni. “Un artista che non ammette confronti, tanto era originale il suo modo di porsi”, come ricorda Marco Boccitto sul Manifesto.

Infine, il 26 marzo si spegne prematuramente a Roma una firma importante del giornalismo: Max Vincenzi, morto a causa di una polmonite a soli 48 anni. Grande, inesauribile, energico giornalista, è stato per tanti anni firma e poi caporedattore a Repubblica, e vicedirettore de La Stampa. Francesco Bei lo descrive così: “Come si dice nel gergo delle redazioni, un vero ‘culo di pietra’, il caporedattore centrale che è il primo ad arrivare la mattina e l’ultimo a uscire. Quando ancora era la norma tornare a casa a mezzanotte”. Un bel ricordo di Ezio Mauro su Repubblica.

Loredana Pilati

loredanap@vicini.to.it

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