Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Il rapporto di Valutazione di impatto sociale di Cascina Roccafranca

Cascina Roccafranca si interroga periodicamente sul proprio operato ed il ruolo svolto nei confronti del proprio territorio e della propria utenza. E’ uscito in questi giorni il rapporto di Valutazione di impatto sociale 2019, un percorso di analisi dei processi messi in campo, che pone l’attenzione non solo sulle attività specifiche, ma anche su come queste vengono strutturate e sui risultati raggiunti. Cascina guarda a se stessa come ad un’impresa con un un Ente gestore, un bilancio, l’utilizzo delle risorse, i risultati dell’esercizio. I numeri parlano di 167.000 passaggi all’anno, 193.000 ore di occupazione degli spazi, un capitale umano di 30 lavoratori, fra tempo pieno e tempo parziale, che sommati all’attività dei partner (125 soggetti di cui 63 associazioni) sviluppano un totale equivalente a 72000 ore di lavoro, 35 lavoratori full time. Una non piccola azienda. Con cui produrre 513 attività, tra eventi culturali (262), attività educative e di inclusione sociale, sportelli di consulenza legale e familiare.

Abbiamo intervistato alcuni protagonosti di questa “impresa”.

Marta Belotti, operatrice in forza a Cascina ha condotto l’indagine, in parte insieme ai colleghi del servizio civile.

“Un modo per far fare loro esperienza, per così dire per far loro respirare l’aria di una Casa del quartiere. Il I loro compiti non sono solo supportare gli operatori nelle attività istituzionali di Cascina ma anche lavorare per obiettivi in progetti specifici, come questo”.

“Obiettivi: da dove nasce l’esigenza di un lavoro così, diciamo, a tutto campo?”

“Fin dal 2017 abbiamo convenuto con i nostri finanziatori, in particolare la Compagnia di San Paolo, sulla necessità di valutare la nostra attività. Come metodo ci siamo mossi su tre piani; un primo livello quantitativo, per valutare l’impatto sul territorio”.

“Sì, su questo ci siamo soffermati all’inizio dell’articolo”.

“Poi, focalizzandoci sul progetto pluriennale Cascina Insieme, abbiamo raccolto racconti dei protagonisti, esperienze, storie. Un livello più qualitativo”.

“Su quali ipotesi avete lavorato?”

“Il quesito è: quale ruolo ha Cascina per le persone? Porta “benessere”? Cosa funziona, quando funziona, e cosa deve essere migliorato? Quali scelte fare per il futuro?”

“Per fare questo avete anche dovuto scegliere i soggetti da intervistare”.

“Ci siamo serviti dei gruppi e delle persone che collaborano in modo continuativo in Cascina, specie utilizzando il progetto Cascina insieme. Si tratta di circa 200 persone. Abbiamo scelto la modalità dell’intervista aperta, dando la possibilità al protagonista di esprimere anche le proprie riflessioni, usando, come strumento, anche il video che offre una più ampia varietà di mezzipossibilità. Tutto questo materiale verrà utilizzato per una proiezione che verrà presentata successivamente, ormai in settembre. Infine abbiamo creato un Focus Group costituito da chi agisce nelle varie realtà, nel ruolo di coordinatori, animatori, referenti. Una restituzione da vari punti di vista”.

“Dal tuo punto di vista: qual è il risultato che emerge?”.

“Molte persone si sono trovate “insieme” quando erano da sole, magari dopo la pensione o altre vicende personali. Rispondiamo ad un bisogno di socialità, di inclusione, in vari modi. Non solo: si scoprono altri servizi del quartiere, le palestre, la piscina, si osservano gli altri. Un veicolo di emancipazione. Questo è ampliamento di capitale sociale. Partecipare, sentirsi liberi, accettati.”

“Parlavi di restituzione del lavoro svolto: pensate di esportare questi risultati?”

“Sì, dopo la presentazione, doverosa, a voi in Cascina, ci rivolgeremo alle altre Case del quartiere. Ma ci sono altre realtà simili in ambito nazionale, con le quali siamo ansiosi di confrontarci. Una con cui abbiamo collaborato in passato è a Bologna, ma ce ne sono alcune altre.”

Insomma, c’è spessore in questo lavoro. Tu che studi hai fatto?”

“Ho una laurea triennale in Antropologia. Insomma una formazione sociologica, diciamo ad indirizzo sociopedagogico”.

“Grazie Marta, auguri per tutto”.

Cosa ci dicono le associazioni che, nell’universo che ruota intorno a Cascina, rappresentano la metà dei soggetti partner?

Marinella Festini è Presidente di Polaris, una piccola associazione che si occupa di benessere sociale, obiettivo il miglioramento della condizione psicofisica di persone specie nella fascia della terza età. Persone non necessariamente in condizioni di disagio ma con caratteristiche di fragilità. In Cascina conduce un lavoro di gruppo dal titolo “il riso fa buon sangue” teso a creare spontaneità, comunicazione, creatività.

“Qual è il vostro bacino d’utenza?”

“Noi abbiamo soci che provengono non solo dalla Circoscrizione 2 ma anche almeno un terzo da San Paolo, altri da Lingotto.

“Cascina Roccafranca rappresenta un’opportunità per le associazioni come la vostra?”

“Sì, con la gratuità degli spazi abbiamo la possibilità di creare dei gruppi che lavorano insieme quando ci incontriamo ma poi si creano anche relazioni che vivono di vita autonoma. Gruppi whatsapp che colloquiano, programmano uscite, viaggi; si sono formate persino delle coppie stabili”.

“Quindi i risultati ci sono e dal punto di vista dell’accessibilità la situazione è soddisfacente”

“Problemi ce ne sono. Anche se non abbiamo fini di lucro, noi siamo un’associazione riconosciuta, con obblighi contabili, e abbiamo delle spese. In Cascina gli spazi sono gratuiti solo se non è prevista alcuna forma di remunerazione del nostro lavoro. Sarebbe invece interessante poter richiedere ai nostri soci almeno una tessera associativa per potere garantire copertura assicurativa e costi fissi. Ma questo al momento ci è precluso. E, credi, lavoro per creare un gruppo coeso ce n’è.”

“Occorre una professionalità specifica per chi tiene le riunioni del gruppo?”

“Noi siamo tutte provenienti da formazione di tipo psicopedagogico”

“Capisco. Auguri per la prossima stagione di Cascina Insieme”

 

Marialessandra Sabarino è Presidente Fondazione Cascina Roccafranca

“Marialessandra, ci chiarisce scopo e obiettivi dell’indagine?”

Occorre fare innanzitutto una premessa: l’indagine presentata ha un committente; il progetto è stato suggerito da Compagnia di SanPaolo, per analizzare capacità, modalità di lavoro, il tipo di cultura applicata che genera valore.

Questo ci ha consentito di raccogliere una visione più ampia del nostro lavoro; ma ormai occorre riconoscere che questa analisi sta diventando ormai prassi richiesta anche dalle Fondazioni e dalla normativa del Terzo Settore.

Non è quindi solo un bilancio, ma anche una visione, che offre una panoramica e consente di fermarsi per una riflessione sul cammino dell’attività, valutando il tipo di impatto che può riscuotere sul territorio, sui cittadini, anche nell’ottica di stimare la ricaduta dei finanziamenti e delle risorse economiche nelle attività, osservando i risultati che portano.

“Quali novità dall’inizio della sua presidenza: cosa è cambiato dall’epoca della celebrazione del decennale (2016)?”

Con i festeggiamenti del decennale di apertura si è creato uno storytelling, che ha fatto emergere i mutamenti che si sono realizzati in questi dieci anni, la parabola evolutiva che ha registrato un’accelerazione dall’esterno, ma anche una maggiore fatica per chi opera all’interno: nel tempo si sono ridotte le risorse economiche, anche a causa della crisi che abbiamo attraversato e che stiamo ancora oggi vivendo, a fronte di un carico sempre più crescente di cose da fare, di attività, di urgenze che richiedono un maggiore impegno.

“Dell’indagine abbiamo isolato e discusso con due protagonisti del mondo di Cascina alcuni aspetti di rilievo. Qual’è il quadro d’insieme che ne emerge su vari fronti di interesse: territorio, frequenza, criticità (è noto il problema dell’invecchiamento dell’utenza

I passaggi di pubblico costituiscono il dato rilevante e interessante, che colpisce fin dalla prima lettura. Tutte le Case del Quartiere raccolgono questo riscontro, e nessun altro luogo sociale rileva lo stesso impatto. Questo perché l’offerta del luogo pubblico propone una modalità di approccio innovativa: chiunque può entrare e frequentare le Case senza impegno, senza necessariamente avere qualcosa di specifico da fare, può sedersi a leggere un giornale, incontrare e fare quattro chiacchiere con un amico, partecipare a un corso che scopre lì per lì, o fare uno spuntino… Ci sono davvero molti stimoli, e lo spazio trapela di apertura, disponibilità e accoglienza, senza prescrizioni e senza discriminazioni. La Casa sta andando a riempire bisogni percepiti e non.

Per quanto riguarda Cascina Roccafranca, c’è anche una frequentazione di famiglie, e di stranieri.

Come si rinnova? Intanto occorre rilevare che anche il personale che ci lavora è lì da 12-13 anni, con una modalità di lavoro e con una progettualità che andrebbe rinnovata perché il mondo è cambiato in questi anni e sta cambiando sempre più velocemente. L’invecchiamento della popolazione che frequenta le Case, in ogni caso, rispecchia il trend di invecchiamento dei cittadini torinesi, le cui statistiche, con la percentuale crescente di over 65nni, sono note.

“Siamo tutti qui a riperenderci dopo l’epidemia: qual’è lo stato di salute di Cascina? Cosa accadrà nel post-virus, come vede il futuro anche in prospettiva (le elezioni cittadine non sono più così lontane?”

Beh, dello stato di salute abbiamo già parlato. Per quanto riguarda il futuro, da sempre Cascina Roccafranca è la più antica tra le Case, ed è tra tutte quella più strutturata, sia per quanto riguarda gli spazi che per il personale che ci lavora. Se l’è cavata con distinzione nel periodo coronavirus, ha superato la prova nel sapersi rimettere in gioco, cambiare pelle adattandosi a quelle che potevano emergere come richieste del territorio, diventando un luogo, per esempio, di smistamento del cibo da distribuire.

La mia carica termina con le nuove elezioni, ma più che il mio ruolo è più delicata la posizione di Renato Bergamin, una figura simbolo della Cascina, che andrà in pensione a breve e che quindi necessariamente dovrà essere sostituito.

“Un punto di vista sulla situazione delle Case del Quartiere?”

Fino a qualche mese fa ho ricoperto il ruolo di presidente della Rete delle Case del Quartiere. La rete si basa sulla comunicazione, sullo scambio, sulla reciprocità, … sulla socializzazione, parola, oggi, che suona un poco blasfema a seguito dell’epidemia Covid-19. Il coronavirus ha imposto inevitabilmente la revisione di parametri e di metodologia di erogazione di un servizio pubblico.

La formula che più ha determinato il successo di Cascina – come delle altre Case – è stata quella di lasciare aperti gli spazi di ospitalità di eventi e manifestazioni, di incorporare all’interno della struttura realtà associative, gruppi spontanei, organizzazioni culturali che hanno portato il loro contributo, l’offerta di iniziative da mettere a disposizione del pubblico del quartiere, e non solo.

Ora tutto ciò dovrà essere rivisitato, alla luce delle nuove norme di sicurezza anti-Covid, con controlli più rigidi e regole che necessariamente incideranno sulla prossima programmazione, in attesa che questa emergenza venga assorbita e si ritorni a una condizione in cui l’avvicinarsi tra persone non costituisca più un pericolo, ma venga letto come un’opportunità.

(intervista di Loredana Pilati)

 

Loredana Pilati

loredanap@vicini.to.it

Gianpaolo Nardi

gianpaolon@vicini.to.it

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