Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Comandante di Eugenio De Angelis

Ottobre 1940: in pieno conflitto mondiale il sommergibile Cappellini sta raggiungendo l’oceano per combattere il nemico. Al comando Salvatore Todaro, valoroso ufficiale della Regia Marina:  con il fisico piegato dai dolori alla schiena chiusa in un busto d’acciaio, ha rifiutato il pensionamento e guida con fare sicuro e paterno l’equipaggio. S’imbattono in una nave belga,  il Kabalo, che – nonostante la neutralità dichiarata – trasporta armi destinate alle truppe inglesi e apre il fuoco. I cannoni del sottomarino italiano affondano “il  ferro”, ma  numerosi marinai finiscono in acqua. Che fare: soccorrere i naufraghi o abbandonarli tra i flutti in quanto  nemici?

La storia vera, sconosciuta ai più, ma ben nota negli ambienti militari, tanto che a Todaro sono stati intitolati una fregata a un sommergibile, ha conquistato il regista napoletano  che l’ha anche narrata in un volume uscito quest’anno per Bompiani e scritto a quattro mani con Sandro Veronesi, a cui si deve la sceneggiatura del film.  Insieme a Graziella Marina Todaro e Jasmin Bahrabadi, che sono rispettivamente figlia e nipote del Comandante, Eugenio De Angelis ha accompagnato l’altra sera al cinema Ambrosio di Torino questo film “politico, ma non di parte”, che  racconta come sia possibile restare umani anche durante una guerra.  C’è un principio non scritto che risiede nell’animo di ogni marinaio, una legge al di sopra delle leggi: «prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la propria vita in mare».

Anche se a Venezia ‘80 – dove il film ha aperto la manifestazione salutato da un lungo applauso – è stato interpretato in chiave antisovranista, l’intenzione dell’autore era andare oltre e contro le letture convenzionali  dimostrando, ad esempio, che  durante il Ventennio non tutti i soldati erano fascisti, come Todaro che si sentiva unicamente un monarchico patriota. La vicenda del Cappellini consente di mettere in luce lo specifico italiano, il carattere generoso di quello stesso popolo che si identifica con orgoglio nella  sua cucina, dalle infinite  preparazioni culinarie il cui elenco può persino consolare  dai tormenti della fame.

Il film gioca  sull’attenzione estetica alla scelta delle inquadrature e su una costruzione di tipo teatrale, favorita dall’interno claustrofobico della nave e dalla cura attenta dei dialoghi.

Esperienza di lavoro  felice, ha concluso De Angelis, merito di una “gestione spontanea e un po’ anarchica delle riprese” e della sintonia totale con  Pierfrancesco Favino, interprete privo di retorica  di una figura memorabile che  “ha scommesso sull’uomo e ha vinto”.

Con: Pierfrancesco Favino, Massimiliano Rossi, Silvia D’Amico, Johan Heldenbergh.

Nelle sale torinesi

Voto: 8/10

Anna Scotton

annas@vicini.to.it

 

 

 

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